Connubio tra scienza e natura Ispirati dalla Natura, potenziati dalla ricerca
L’assunzione di sale e di zucchero (e in parte anche quella di grassi o di alcool e di altri nutrienti energetici concentrati) scatena nel nostro cervello una reazione di piacere del tutto paragonabile a quella prodotta da una droga o da un orgasmo, con compulsione naturale a ripeterla fino a che vi sia disponibilità di quel cibo, in relativa indipendenza dai reali fabbisogni. Una volta compresa questa dinamica è molto più chiaro capire perché gli alimenti con zucchero aggiunto (bibite gassate, gelati, cioccolato, caramelle, biscotti, brioche, marmellate, creme e dolciumi in genere) o pieni di sale (salumi, formaggi, cracker, pizze, focacce, patatine e salatini) risultino molto più graditi al palato rispetto a quelli il cui sapore è naturale. L’aumento del glucosio ematico è il principale problema degli abitanti del mondo occidentale che assumono molto spesso troppi prodotti raffinati (pane bianco, pasta, dolci, patate e bevande zuccherate), tutti ad alto indice glicemico, i quali provocano una risposta immediata dell’insulina che induce ipoglicemia, per cui avvertono un nuovo bisogno di zuccheri, originando il cosiddetto “circolo vizioso dello zucchero”. Questa sovrabbondanza di insulina, sconosciuta in quella quantità al nostro pancreas preistorico, causerà diversi danni: indirizzerà il surplus zuccherino verso la costruzione di grassi, blinderà le cellule adipose impedendo loro di mobilizzare il proprio contenuto, genererà uno stato infiammatorio ed esaurirà gradualmente il pancreas fino a determinare il diabete. Quando l’insulina governa il metabolismo esso si imposta in modalità di accumulo, predisponendosi al sovrappeso e alla conseguente obesità poiché favorisce il deposito di grasso bianco e quindi produce in modo diretto o indiretto stati infiammatori che sono alla base dell’insulino-resistenza (strategia metabolica comune a tutti gli animali) che ha lo scopo di proteggere le cellule dall’eccesso di stimolazione insulinica. Tutto ciò porta a un blocco da parte delle cellule nell’uso del glucosio che così si ammassa nel sistema circolatorio. Inoltre l’esagerato e costante apporto di carboidrati raffinati e monosaccaridi alla lunga può mandare in crisi le cellule del pancreas deputate alla produzione dei due enzimi chiave per il controllo glicemico: l’insulina e il glucagone. Così l’organismo si trova in difficoltà e il tasso glicemico tende a salire: siamo nella fase del prediabete che, se non adeguatamente controllato, può sfociare nel diabete di tipo 2 (cioè quello alimentare). La scelta del tipo di carboidrato assunto determinerà il valore della glicemia postprandiale (e le relative insulinemia e lipidemia) e rappresenterà un valido predittore nell’eziologia di malattie metaboliche croniche (come il diabete mellito di tipo 2) e di quelle cardiovascolari, effetto che può essere mediato attraverso lo stress ossidativo e l’infiammazione. Da un esame attento risulta presente negli adulti sani una relazione diretta tra l’indice glicemico dietetico, gli indicatori di stress ossidativo e l’infiammazione. Un’alimentazione a basso impatto glicemico con elevati quantitativi di cereali integrali può avere un effetto protettivo contro la flogosi sistemica. Si deve allora preferire il consumo di vari tipi di riso integrale, grano saraceno, teff, grani antichi, quinoa, amaranto o orzo, sempre associato ad abbondanti dosi di vegetali e legumi e seguire le regole generali di una corretta dieta (senza dimenticare di assumere 5 porzioni giornaliere di frutta e verdura) povera di grassi animali e cereali raffinati. Bisogna sostituire al mattino o negli spuntini biscotti e pasticcini con fiocchi d’avena, muesli integrale o pane di farina non raffinata, spalmato di composta di frutta senza zuccheri aggiunti e inserire in ogni pasto quotidiano un cereale integrale. È consigliato scegliere quindi piatti a base di chicchi non raffinati di grano, farro, orzo, avena, che hanno un impatto più basso rispetto alle farine ricavate da essi, o sostituire ingredienti ad alto impatto glicemico con alimenti con un indice glicemico più contenuto. Si deve optare per il pane a base di farine il meno lavorate possibile e a lievitazione naturale (pasta acida) e abbinare i cibi con un elevato effetto sulla glicemia (riso e pane bianco) con tanti ortaggi o legumi per ridurlo (porzioni normali degli ortaggi più zuccherini, come la zucca, non sono in grado di produrre rilevanti influssi sull’indice glicemico). È necessario diminuire in parte l’impatto sulla glicemia di pizze o focacce, facendo precedere la loro assunzione da un abbondante piatto di verdure crude condite con olio e tanto limone e quello delle patate cuocendole intere e con la buccia (le patatine fritte hanno un indice glicemico altissimo, mentre le patate novelle lo hanno inferiore rispetto a tutte le altre loro tipologie). È indispensabile tenere presente che condire le pietanze con olio o con semi oleosi fa abbassare l’effetto che essi hanno sulla glicemia. Tutti i grassi però, anche se sconsigliati, allungano i tempi di digestione degli zuccheri, modulandone così l’assorbimento. Per quanto concerne l’introduzione dei frutti, quelli aciduli hanno un impatto glicemico inferiore agli altri: la mela con la buccia inoltre è un’ottima fonte di fibre insolubili che modulano beneficamente l’assorbimento degli zuccheri. Riguardo all’attività fisica, l’approccio è abbastanza cambiato negli ultimi anni: muoversi durante l’intero arco della giornata si è rivelato più efficace di un intenso esercizio sportivo per quanto riguarda il miglioramento del metabolismo lipidico e glucidico. Ciò infatti comporta dei benefici a livello cellulare che sono diversi rispetto a quelli apportati dalle attività che richiedono sforzo. Le cellule muscolari attivate durante l’esercizio leggero sono più riccamente dotate delle proteine chiave per il metabolismo di grassi, colesterolo e zuccheri nel sangue. Inoltre, va ricordato che un movimento fisico regolare consente di aumentare il dispendio energetico e quindi di ottenere un effetto positivo sul peso corporeo. Infine l’attività fisica porta a una riduzione dell’insulino-resistenza, con conseguente ottimizzazione dell’uso periferico del glucosio, e a una diminuzione degli acidi grassi liberi circolanti nell’organismo. |
apparato emuntorio
Diabete, diabete mellito, obesità, , sindrome metabolica, diabete di tipo 2, pre-diabete, iperglicemia, disglicemia, sindrome metabolica
cannella
Le parti della pianta utilizzate in fitoterapia sono le parti legnose (corteccia). I principi attivi caratterizzanti sono: fenilpropanoidi, acido cinnamico, alcol 2-feniletilico, eugenolo, terpeni, tannini, l’aldeide cinnamica, l’alcool cinnamilico, le catechine, polifenoli (MHCP) e fenoli. Ha proprietà antibatteriche, sia per uso interno che esterno, e la si usa per trattare i sintomi dell’influenza (febbre, tosse, raffreddore, mal di gola), ma anche antimicotiche contro la Candidiasi. Qualcuno ne usa la polvere anche per disinfettare le ferite. Da un punto di vista digestivo aumenta la salivazione e stimola la secrezione di tripsina (un enzima digestivo), accelerando la digestione, con tuttavia un lieve effetto astringente. È anche in grado però di ridurre colesterolo LDL e trigliceridi: ne studiamo qui i principi attivi per valutarne l’attività ipoglicemizzante, dipendente sia dall’azione di un polifenolo specifico (MHCP) che per la sua capacità di ridurre gli eccessi alimentari, attraverso una maggior efficacia del processo digestivo. Pare vi sia addirittura un’azione preventiva sull’Alzheimer (lavoro del 2013 sul Journal of Alzheimer Disease): epicatechina e cinnamaldeide ostacolano la degenerazione delle cellule nervose tipica della malattia. In questa malattia la proteina tau non si lega come dovrebbe ai microtubuli presenti nei neuroni, iniziando a formare aggregati insolubili. Composti della cannella si legano ai residui di cisteina della proteina tau, riducendo la loro tendenza ad aggregarsi. Considerando che l’Alzheimer viene chiamato anche “terzo diabete” siamo sulla strada giusta. Ma veniamo alla sua specifica azione ipoglicemizzante. L’interesse verso la cannella per controllare la glicemia è nato in Occidente per la casuale constatazione del fatto che la Cinnamon pie (torta di mele alla cannella) alzava la glicemia molto meno rispetto alla medesima torta senza spezia. In realtà in oriente la cannella era conosciuta e utilizzata da millenni. È stato isolato nella cannella l’ingrediente attivo MHCP (methylhydroxy-chalcone polymer) un polifenolo che attiva la sensibilità dei recettori dell’insulina nelle cellule muscolari, riducendo così la glicemia. Rallenta quindi, indirettamente, anche la formazione di colesterolo e trigliceridi. L’azione della cannella è quindi quella di un ipoglicemizzante diretto, che deve la sua efficacia ad una maggiore sensibilità dei recettori dell’insulina, di cui mima in parte la struttura chimica. |
fagiolo
I semi di Phaseolus vulgaris (fagiolo) contengono dai 2 ai 4 g/kg di composti “non fibra” capaci di rallentare l’assorbimento di glucosio nel piccolo intestino mediante inibizione dell’α-amilasi. Infatti, è stato riportato che la somministrazione di estratto di P. vulgaris (PVe) a ratti obesi ha comportato la riduzione dell’assunzione di cibo, con conseguente decremento in peso e miglioramento della glicemia post-prandiale. L’attività bloccante l’amido è stata attribuita a tipiche lectine α-amilasi inibenti dei fagioli, fitoemoagglutinina e arceline. Da sottolineare che la fitoemoagglutinina si lega all’epitelio ciliato dell’intestino, stimolando il rilascio di colecistochinina e del peptide glucagone-simile, due ormoni con effetto anoressico che rivestono un ruolo rilevante nel controllo della sazietà. L’estratto di fagiolo è quindi indicato per il controllo del peso, nelle diete dimagranti e per aumentare la tolleranza ai carboidrati. |
cacao
Effetti sull’insulina Sono stati osservati miglioramenti nella sensibilità all’insulina a seguito di interventi dietetici clinici con cibi e bevande contenenti flavanoli (Heiss, Kelm 2010). Una revisione sistematica e una meta-analisi di 24 studi randomizzati e controllati hanno valutato l’effetto del cacao ricco di flavonoidi sui fattori di rischio CVD e hanno riscontrato una diminuzione della resistenza all’insulina (Shrime et al. 2011). Riduzioni dei livelli sierici di insulina a digiuno e resistenza all’insulina sono state riportate anche in una meta-analisi di 42 studi, 4 dei quali includevano persone con ridotta tolleranza al glucosio o diabete. (Hooper et al. 2012). |
cumino nero
Due metanalisi hanno mostrato risultati promettenti sull’efficacia dei cumino nero sull’omeostasi del glucosio (calo significativo di glicemia a digiuno, emoglobina glicosilata e acido reattivo, acido tiobarbiturico e aumento di capacità antiossidante totale, superossido dismutasi e glutatione) e sui lipidi ematici. I risultati suggeriscono che l’integrazione sia una scelta adatta nella gestione delle complicanze del diabete di tipo 2, anche se il numero di studi clinici è ancora limitato (Daryabeygi- Khotbehsara et al. 2017; Heshmati, Namazi 2015). I meccanismi proposti per queste attività sono l’effetto antiossidante, sulla secrezione di insulina, su assorbimento di glucosio, gluconeogenesi ed espressione genica (Heshmati, Namazi 2015; Kaatabi et al. 2015). Uno studio clinico non randomizzato, in singolo cieco su pazienti con diabete tipo 2 trattati con agenti ipoglicemizzanti, ha mostrato che l’olio di SNS migliora il colesterolo totale, la pressione arteriosa e il ritmo cardiaco. I risultati sono solo preliminari (Badar et al. 2017). Uno studio randomizzato controllato con placebo su pazienti con nefropatia diabetica ha mostrato che la supplementazione di olio di semi di nigella insieme al trattamento conservativo per 12 settimane ha portato a una riduzione del glucosio ematico, della creatina ematica, dell’urea ematica e dei livelli di proteine totali urinarie nelle 24 ore, e un aumento nella velocità di filtrazione glomerulare, del volume urinario nelle 24 ore e dei livelli di emoglobina rispetto al gruppo di controllo (solo trattamento conservativo) (Ansari et al. 2017). |
gymnema
Usata tradizionalmente come agente antidiabetico, ipoglicemizzante, ipolipemizzante utile anche nella riduzione del peso. La Gymnema è potenzialmente utile nella PCOS per la sua attività modulante l’insulina, con ulteriori benefici nella riduzione dei trigliceridi elevati. I componenti chiave sopprimono la percezione del gusto dolce sulle papille gustative, quindi se presi prima del cibo, mascherano il rilevamento dolce e riducono il desiderio di cibi dolci. La pianta ha dimostrato attività ipoglicemizzante in modelli sperimentali di diabete, NIDDM e intolleranza glucidica. Il suo meccanismo d’azione include l’inibizione dell’assorbimento di glucosio nell’intestino da parte della frazione delle saponine. |
berberis
La berberina è una sostanza naturale che viene estratta da radici, corteccia, rizomi di piante appartenenti alla famiglia delle Berberidaceae, in particolare da Berberis aristata. Originariamente la berberina veniva impiegata per le sue proprietà antinfettive, rivolte contro la proliferazione di batteri, miceti e protozoi, soprattutto in caso di diarrea e infezioni intestinali. la berberina è in grado di modificare positivamente l’assetto lipidico, agendo non solo sulle LDL, ma anche su lipidi associati alla sindrome metabolica, come i trigliceridi. Il classico lavoro di Kong aveva infatti dimostrato che la berberina riduce il colesterolo LDL e i trigliceridi plasmatici del 25 e 35% rispettivamente . La berberina è un alcaloide isochinolonico presente in diverse piante della famiglia delle Berberidaceae (tra cui Berberis vulgaris, il crespino comune). A seconda della pianta, la berberina può localizzarsi prevalentemente nelle radici, nella corteccia o nei piccioli. L’impiego terapeutico della berberina proviene dalla medicina cinese, come rimedio per la diarrea e la dissenteria. L’effetto antidiarroico della berberina dipende essenzialmente dall’inibizione della secrezione intestinale, dalla modulazione della motilità inte- stinale e dall’effetto riparativo sulla barriera intestinale, oltre che da un’azione antimicrobica. Successivamente si è scoperto che la berberina aveva anche un effetto ipolipemizzante ed ipoglicemizzante come confermato nel 2004 da uno studio scientifico pubblicato su Nature. Tuttavia, l’azione ipolipemizzante della berberina (anti-colesterolo e anti-trigliceridi) è prodotta con un meccanismo totalmente diverso da quello delle statine (che inibiscono l’enzima HMGCoA- reduttasi). La berberina aumenta l’espressione epatica del recettore delle LDL in modo simile ai nuovi farmaci PCSK9-inibitori. L’azione ipoglicemizzante invece ricalca in qualche misura l’azione della metformina, inibendo la gluconeogenesi epatica. Grazie ad essa, quindi, il fegato non riesce con facilità a liberare glucosio nel sangue, ottenendo come risultato una glicemia più stabile e controllata. Purtroppo la berberina ha un grosso limite: ha una scarsa biodisponibilità orale (ovvero uno scarso assorbimento). Esistono, infatti, dei meccanismi di estrusione cellulari (Multi Drug Resistance, MDR) che nel caso in questione sono in grado di espellere grandi quantità di berberina dalle cellule intestinali. Si stima che circa fino al 90% della berberina somministrata per via orale viene poi riespulsa dal sistema MDR. Successivamente si è compreso che il meccanismo d’azione attraverso cui agisce la berberina riguarda il recettore per le LDL, di cui ne aumenta l’espressione, mediante un meccanismo post-recettoriale di stabilizzazione dell’mRNA. L’aumentata espressione dei recettori delle LDL di fatto aumenta la captazione delle LDL circolanti, che così, una volta captate, possono essere rimosse dal circolo. Inoltre di recente è stato evidenziato come la berberina possa essere in grado di inibire una proteina, detta PCSK9, che fisiologicamente svolge un ruolo nella degradazione dei recettori epatici delle LDL. |
ginkgo
Ginkgo migliora i parametri cardiometabolici, può avere un effetto benefico sui parametri cardiometabolici in soggetti con diabete mellito di tipo 2, è stata quindi condotta una revisione sistematica con metanalisi degli studi clinici pubblicati in letteratura. Sette studi comprendenti in totale 768 soggetti sono stati inclusi nella metanalisi che ha determinato un effetto significativo del ginkgo sull’emoglobina glicata (p = 0,034) e sui livelli di colesterolo HDL (p = 0,030); non sono emersi bias di pubblicazione significativi. La conclusione di questa metanalisi è che il ginkgo può modulare in modo significativo i livelli di emoglobina glicata e di colesterolo HDL. |
Cordyceps
ro del Tibet In Cina è utilizzato da millenni per disfunzioni sessuali, stanchezza cronica, depressione, nelle malattie respiratorie e renali, e come immunostimolante e antitumorale. Contiene tutti gli aminoacidi essenziali, mono, oligosaccaridi e polisaccaridi, steroli (ergosterolo) vitamine E, B1, B2, B12, K e macro e microelementi. La Cordicepina è un importante nucleotide a forte capacità bioattivante, unico in natura. Nella sindrome metabolica, nel diabete di tipo 2, regolarizza la glicemia e favorisce l’aumento dell’insulina. La somministrazione del fungo o del mi-celio viene fatta per os da 3 a 5 g/die. A cascata viene evidenziato anche un miglioramento dell’assetto lipidico, della situazione cardiaca, un effetto epatoprotettivo su danni da tossine, e miglioramento degli stati cirrotici e steatosi epatica. |
banaba
Il principio attivo ipoglicemizzante è stato identificato (studi di Yamasaki) nell’acido corosolico, ma anche in alcuni derivati dell’acido ellagico. In particolare, l’acido corosolico è in grado di promuovere e stimolare il trasporto del glucosio all’interno delle cellule degli adipociti. Da uno studio condotto su ratti, sembra che anche altri tannini presenti nel fitocomplesso, in particolar modo quelli derivati dall’acido ellagico (lagerstroemina, flosina e reginina) possano funzionare da attivatori del trasporto del glucosio all’interno degli adipociti. L’acido corosolico (un triterpenoide) contenuto nel Banaba ha dimostrato di essere il composto più attivo con attività insulinosimile (tanto da meritarsi il nome di “fito-insulina”). Più recentemente sono stati scoperti nuovi principi attivi come il penta-O-galloyl-glucopyranose (PGG) identificato come il più potente gallotannino con attività di inibizione della genesi di nuove cellule adipose (studi di Liu, Kim, et al.). Qui sta la particolarità dell’acido corosolico e dei suoi fito-compagni: mentre l’insulina abbassa la glicemia stimolando contestualmente la produzione di nuovi adipociti, le foglie di Banaba, nell’abbassare la glicemia, inibiscono contestualmente (grazie al PGG) la genesi di nuovi adipociti. Un effetto che può essere ottenuto, a nostro giudizio, solo grazie alla sinergia dei diversi principi attivi appena citati. Negli studi sull’uomo si è anche visto – forse sempre a causa dell’effetto paradosso sugli adipociti – che anche dopo avere smesso l’assunzione dell’estratto di foglie, l’effetto ipoglicemizzante permaneva ancora per un periodo di circa un mese. |
frassino
Il frassino viene da secoli adoperato anche per il suo potenziale dimagrante. Uno studio in crossover longitudinale, randomizzato in doppio cieco e controllato mostra che la somministrazione di un estratto di semi e frutti di Fraxinus excelsior in combinazione con una dieta ipocalorica moderata può essere utile nei disturbi metabolici associati a ridotta tolleranza al glucosio, obesità, resistenza all’insulina e stato infiammatorio, in particolare negli anziani.18 In due studi la somministrazione orale di estratti di F. ornus e F. angustifolia a topi con diabete indotto da nicotinamide e streptozotocina hanno mostrato una potente attività ipoglicemica. |
maitake
da millenni veniva usato per curare svariate patologie come prevenzione del cancro, dell’inipertensione, dismetabolie, e come rivitalizzante. Oltre ai polisaccaridi il Maitake contiene vitamine del gruppo B, acidi grassi polinsaturi, provitamina D2, magnesio, potassio, calcio, fosfolipidi e molte fibre. Attualmente gli studi scientifici si sono orientati sugli effetti del Maitake riguardo alle malattie degenerative, metaboliche e sul Sistema Immunitario. Le proprietà ipoglicemizzanti della Grifola frondosa sono da attribuire all’azione inibente l’enzima á–glicosidasi, che influenza il metabolismo del glucosio, dunque da assumere prima o durante il pasto; questo fungo esercita anche un’azione regolatrice sulla pressione, ma anche sulle classiche dismetabolie correlate, aumento di colesterolo, trigliceridi su cui viene attuata una vera e propria inibizione. Viene utilizzato con ottimi risultati nell’assetto lipidico e dunque nel controllo del peso. Gli studi sui principi attivi contenuti nel fungo maitake hanno concluso che, grazie alla struttura dei polisaccaridi, è un aiuto per combattere la sindrome metabolica, regolando il peso corporeo e la pressione sanguigna e abbassando glicemia e colesterolo. Inoltre, grazie all’ergosterina contenuta al suo interno, il Maitake costituisce un aiuto nella composizione del calcio, rivelandosi quindi utile anche per la cura dell’osteoporosi. Il fungo inoltre influisce sul rafforzamento del sistema immunitario e sulla prevenzione del diabete. oltre alle proprietà immunostimolanti e antiossidanti, agisce stimolando l’adiponectina, ormone che consente all’organismo di bruciare i grassi. può esercitare un’importante azione di modulazione sul sistema immunitario tramite il corretto equilibrio della risposta immunitaria a Th1, Th2 e Th17. Ha dimostrato di ridurre la pressione sistolica agendo sul sistema renina-angiotensina, risultando un antipertensivo naturale molto efficace; uno studio giapponese ha dimostrato che la somministrazione della polvere di Maitake è in grado di ridurre l’accumulo di grassi e mantenere costante il livello della HDL, migliorare il profilo lipidico, prevenendo il rischio cardiovascolare |
ulivo
L’oleuropeina è attiva contro il diabete di tipo2 in
quanto impedisce l’aggregazione amiloide dell’amilina,
una molecola secreta dal pancreas che aiuta
l’insulina a svolgere il proprio lavoro ipoglicemizzante.
Questo ormone è in grado di agire con diversi meccanismi:
• Rallenta lo svuotamento gastro-duodenale
• Manda all’ipotalamo segnali di sazietà (recettori
specifici)
• Sopprime la secrezione di glucagone, impedendo
l’immissione di nuovo glucosio nel sangue
Risulta qui chiaro come l’amilina, pur con funzioni
molto diverse, rappresenti lo scudiero ideale dell’insulina.
All’insulina infatti è deputato il compito di
svuotare di zuccheri il sangue. All’amilina invece
resta il prezioso compito di supporto di “difendere”
l’azione dell’insulina sopprimendo la secrezione del
glucagone. L’oleuropeina esalta le funzioni dell’amilina
consentendo (come documentato ormai
da molti lavori: si vedano ad esempio Weinstein
2012 e De Bock 2013) una riduzione dei valori di
emoglobina glicata (cura e prevenzione diabete)
con ricadute positive su pressione, regolazione dei
grassi, propensione all’infarto ecc.
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