n 29

Le malattie cardiovascolari costituiscono nel mondo occidentale la principale causa di morbilità, mortalità e disabilità, e sono tra le principali patologie che hanno una rilevante incidenza sulla spesa sanitaria. Sono favorite da una serie di fattori di rischio cardiovascolare, quali l’obesità, il diabete, il fumo di sigaretta, le dislipidemie e la sindrome metabolica. Si può affermare che una patologia ha una genesi multifattoriale, quando riconosce un substrato genetico sul quale si inscrivono dei fattori ambientali, che la possono far sviluppare. L’individuo può avere una sua predisposizione genetica, più o meno pesante, che dipende dal patrimonio genetico ereditato dai propri genitori. È evidente che se la predisposizione genetica è particolarmente importante, basta una ridotta presenza di fattori ambientali per far sviluppare la patologia, ma è anche vero il contrario, cioè che la patologia può svilupparsi anche in chi ha una tenue predisposizione genetica, quando il peso ambientale è considerevole. La prima e più efficace misura preventiva/curativa è rappresentata da uno stile di vita corretto, che implica una dieta equilibrata, una regolare attività fisica e l’abolizione dell’abitudine al fumo. Le Erbe medicinali selezionate hanno effetti su più fattori di rischio cardiovascolare grazie ad un’attività ipocolesterolemizzante,  un’importante azione antiaritmica mediante una stabilizzazione delle membrana dei miociti cardiaci, ha effetti positivi sia sulla pressione arteriosa sia sull’aggregazione piastrinica e sulla riduzione della insulino-resistenza.

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tè verde

L’EGCG è una catechina, cioè un componente polifenolico, abbondantemente
presente nel tè verde. che svolgerebbe, oltre a una azione sul peso corporeo, anche attività antiossidante, riduzione della insulino-resistenza, capacità ipolipemizzante e addirittura anche proprietà antineoplastiche. L’EGCG è anche in grado di aumentare la termogenesi e di indurre sazietà. Sono poi stati documentati effetti sulla insulinoresistenza, una protezione contro l’ossidazione, soprattutto delle LDL, e un maggiore rilascio di monossido d’azoto (NO) da parte dell’endotelio. In altri termini, l’EGCG avrebbe azioni positive un po’ su tutta la sindrome metabolica, a cominciare dalla riduzione del peso corporeo.

aglio

Secondo l’OMS può essere utile nel trattamento dell’ipertensione di tipo lieve e, unitamente
alle misure dietetiche, nel trattamento dell’ipercolesterolemia, nell’ipertrigliceridemia
e nella prevenzione delle patologie vascolari associate all’invecchiamento (aterosclerosi).
Viene riportato anche un blando effetto ipoglicemizzante. Sono segnalate modiche
proprietà antiaggreganti piastriniche e fibrinolitiche. La principale indicazione terapeutica riguarda il trattamento coadiuvante dell’ipertensione
di grado lieve e dell’ipercolesterolemia. Commissione E del BfArM, ESCOP e
OMS riconoscono l’uso dell’aglio, unitamente alle misure dietetiche, nel trattamento
dell’ipercolesterolemia e ipertrigliceridemia e nella prevenzione delle patologie vascolari
(aterosclerosi) associate all’invecchiamento. L’American Heart Association ha incluso
l’aglio nella lista degli alimenti che hanno un effetto cardioprotettore


melissa

considerata una terapia efficace per le palpitazioni
cardiache (cardiopalmo), l’anomala percezione
del battito cardiaco, un disturbo comune e spesso
benigno ma che risulta associato a un marcato
disagio. Tale indicazione è presente anche nella
tradizione erboristica italiana ed è supportata
da una serie di evidenze sperimentali. Questo
studio clinico (randomizzato, in doppio cieco e
controllato verso placebo) della durata di 14 giorni è stato realizzato con
lo scopo di valutare l’efficacia e la sicurezza dell’estratto s in adulti affetti da palpitazioni benigne. I volontari ammissibili allo
studio sono stati assegnati random al trattamento (due volte
al giorno) di estratto o
placebo. Quali principali misure di risultato sono state adottate la frequenza
settimanale degli episodi di palpitazioni (ricavate dai diari dei pazienti) e
l’intensità delle stesse palpitazioni come stimato dai pazienti su scala visuale
analogica (VAS). Come misure secondarie di risultato sono state adottate le
variazioni di una serie di sintomi psichiatrici (somatizzazione, ansia e insonnia,
disfunzione sociale e depressione grave) valutate attraverso questionario
sulla salute generale GHQ-28 (General Health Questionnaire-28). Nello
studio sono state reclutate 61 persone, 55 delle quali hanno completato lo
studio. Dalla sperimentazione è emerso che 14 giorni di trattamento con
estratto hanno ridotto
significativamente (verso placebo) la frequenza degli episodi di palpitazioni
(P = 0,0001) e il numero di pazienti ansiosi (P = 0.004).

maitake

millenni veniva usato per curare svariate
patologie come prevenzione del cancro, dell’inipertensione,
dismetabolie, e come rivitalizzante.
Oltre ai polisaccaridi contiene vitamine del gruppo
B, acidi grassi polinsaturi, provitamina
D2, magnesio, potassio, calcio, fosfolipidi e
molte fibre. Attualmente gli studi scientifici si sono orientati sugli effetti del Maitake
riguardo alle malattie degenerative, metaboliche
e sul Sistema Immunitario.
Le proprietà ipoglicemizzanti sono da attribuire all’azione inibente
l’enzima á–glicosidasi, che influenza
il metabolismo del glucosio, dunque da
assumere prima o durante il pasto; questo
fungo esercita anche un’azione regolatrice
sulla pressione, ma anche sulle classiche
dismetabolie correlate, aumento di colesterolo,
trigliceridi su cui viene attuata una
vera e propria inibizione. Viene utilizzato
con ottimi risultati nell’assetto lipidico e
dunque nel controllo del peso.
Gli studi sui principi attivi contenuti nel fungo hanno concluso che, grazie alla struttura dei polisaccaridi, è un aiuto per combattere la sindrome metabolica, regolando il peso corporeo e la pressione sanguigna e abbassando glicemia e
colesterolo. Inoltre, grazie all’ergosterina contenuta al suo interno, costituisce
un aiuto nella composizione del calcio, rivelandosi quindi utile anche per la cura
dell’osteoporosi. Il fungo inoltre influisce sul rafforzamento del sistema immunitario
e sulla prevenzione del diabete. oltre alle proprietà immunostimolanti e antiossidanti, agisce stimolando l’adiponectina, ormone che consente all’organismo di bruciare i grassi. può esercitare un’importante azione di modulazione sul sistema immunitario tramite il corretto equilibrio della risposta immunitaria a Th1, Th2 e Th17. Ha dimostrato di ridurre la pressione
sistolica agendo sul sistema renina-angiotensina, risultando
un antipertensivo naturale molto efficace; uno studio
giapponese ha dimostrato che la somministrazione è in grado
di ridurre l’accumulo di grassi
e mantenere costante il livello della HDL,
migliorare il profilo lipidico, prevenendo il rischio
cardiovascolare

omega 3

Come è ben noto, nella cascata metabolica degli acidi grassi polinsaturi (poly-unsatured fatty acids: PUFA), a partire dall’acido alfa-linolenico i tre più importanti acidi grassi omega-3 che si formano sono l’acido eicosapentaenoico (EPA), l’acido docosapentaenoico (DPA) e l’acido docosaesaenoico (DHA). Essi sono presenti principalmente nel pesce. È importante però ricordare che vi sono anche PUFA omega-6, prevalentemente di origine animale e vegetale, che derivano dalla cascata metabolica dell’acido linoleico e che hanno come metabolita più importante l’acido arachidonico. Si ritiene che in una dieta bilanciata il rapporto ottimale tra PUFA omega-6 e PUFA omega-3 debba essere più o meno di 5:1. Invece si deve constatare che nelle moderne diete si registra un importante sbilanciamento a favore degli PUFA omega-6 da 20:1 fino a 50:1. Il mantenimento di un rapporto ottimale tra i due tipi di PUFA pare essere di fondamentale importanza per la prevenzione di malattie croniche cardiache, vascolari, immunitarie e infiammatorio-degenerative. Volendo sintetizzare e approssimare, si può affermare che dall’intergioco tra la produzione di acido arachidonico e EPA si ha la sintesi prevalente di alcuni tipi di prostaglandine, trombossani e leucotrieni, rispetto ad altri tipi che consentono la giusta modulazione di effetti biologici. In particolare, uno sbilanciamento verso l’acido arachidonico potrebbe favorire la vasocostrizione, la broncocostrizione, l’infiammazione, una maggiore aggregazione piastrinica e l’aterosclerosi. A parte queste favorevoli azioni, ai PUFA omega-3 è stato riconosciuto un’importante azione antiaritmica, mediante una stabilizzazione delle membrana dei miociti cardiaci, che potrebbe rendere conto della ridotta mortalità in pazienti con recente infarto del miocardio, come documentato dallo studio GISSI-P . Si ricorda che i PUFA omega-3 sembrerebbero avere un positivo effetto anche sulla pressione arteriosa e un effetto anti-ossidante.

berberina

proprietà antinfettive, rivolte contro la proliferazione di
batteri, miceti e protozoi, soprattutto in caso di diarrea
e infezioni intestinali. Ricerche
specifiche hanno mostrato che la berberina
è in grado di modificare positivamente l’assetto lipidico,
agendo non solo sulle LDL, ma anche su lipidi associati
alla sindrome metabolica, come i trigliceridi. Il lavoro di Kong aveva infatti dimostrato che la berberina
riduce il colesterolo LDL e i trigliceridi plasmatici del 25 e 35% rispettivamente. Successivamente si è compreso
che il meccanismo d’azione attraverso cui agisce la berberina
riguarda il recettore per le LDL, di cui ne aumenta
l’espressione, mediante un meccanismo post-recettoriale
di stabilizzazione dell’mRNA. L’aumentata espressione dei
recettori delle LDL di fatto aumenta la captazione delle
LDL circolanti, che così, una volta captate, possono essere
rimosse dal circolo. Inoltre di recente è stato evidenziato
come la berberina possa essere in grado di inibire una
proteina, detta PCSK9, che fisiologicamente svolge un ruolo
nella degradazione dei recettori epatici.
Questo potrebbe essere un meccanismo estremamente importante nella pratica clinica, dal momento che la maggior
parte dei farmaci utilizzati per ridurre i lipidi (statine,
fenofibrato, ezetimibe) tendono invece a far aumentare
l’espressione di PCSK9, spiegando forse il loro solo parziale
beneficio sulle LDL. Si ricordi che, per ridurre
il colesterolo LDL, le statine agiscono inibendo l’enzima
HMG-CoA reduttasi, che interviene proprio nella sintesi
del colesterolo. Pertanto statina e berberina riducono le
LDL con meccanismi completamente differenti e inoltre
la berberina sembra in grado di contrastare la degradazione
dei recettori per le LDL, che invece sembrerebbero
indurre le statine. Per tali ragioni, la berberina può essere
utilizzata in combinazione alle statine per ottimizzarne
l’efficacia. D’altra parte, studi di utilizzo combinato statina/
berberina hanno confermato la bontà di tale associazione. Interessanti poi sono gli effetti della berberina
sul metabolismo glucidico e sull’insulino-resistenza, ma
anche sulla funzione endoteliale. Infatti alcuni studi
hanno documentato un effetto ipoglicemizzante in grado
di determinare un calo dell’emoglobina glicata addirittura
sovrapponibile a quello della metformina, in quanto riuscirebbe
a controllare sia la glicemia basale che quella postprandiale.
Sono ovviamente stati indagati i meccanismi
attraverso cui la berberina possa riuscire a svolgere tali
azioni. Il meccanismo principale viene ritenuto essere la
stimolazione dell’AMPK (adenosine mono phosphate protein
kinase), che è un enzima che gioca un ruolo estremamente
importante sull’omeostasi energetica cellulare
e che si pensa sia il bersaglio più importante dell’azione
della metformina. In ultima analisi, tutte
queste azioni comportano una ridotta glicemia e un aumento
della sensibilità insulinica. La berberina poi si è
dimostrata in grado di ridurre l’assorbimento del glucosio
e di aumentare l’espressione del recettore dell’insulina.
Pertanto sulla base di questi studi, sia in vivo che in vitro,
la berberina potrebbe avere un interessante impiego sia
nella sindrome metabolica che nel trattamento di elevati
livelli di colesterolo LDL.

biancospino

manifestano benefiche proprietà a livello cardio-vascolare: ESCOP, OMS e Commissione E riconoscono l’impiego delle preparazioni tradizionali per sostenere le funzioni cardiovascolari. “ A livello cardiaco incrementa l’apporto ematico a miocardio e coronarie, determinando una migliorata tolleranza all’anossia. La pianta agisce sul sistema cardiovascolare da una parte dilatando la muscolatura dei vasi, in particolare quelli coronarici, per cui diminuendo la resistenza periferica determina un’azione ipotensiva, dall’altra agendo direttamente sul miocardio con un’azione inotropa positiva”. Il Biancospino manifesta infine anche azione sedativa e miorilassante e il suo impiego può contribuire ad eliminare la componente emotiva di certi stati ipertensivi. Principale responsabile di tale attività sarebbe la frazione flavonoidica (in particolare le procianidine). L’azione della droga non è immediata ma si instaura progressivamente in seguito ad un uso prolungato nel tempo. 

cacao

i recenti studi clinici randomizzati
e controllati che suggeriscono come
il cacao, e in particolare i suoi flavanoli,
possiedano varie attività cardioprotettive,
i meccanismi biochimici responsabili per
queste attività non sono ancora stati completamente
identificati.
Le ipotesi sono che il cacao:
• agisca come antiossidante inibendo l’ossidazione
del colesterolo LDL e l’attività
della lipossigenasi (LOX).
• Abbassi il tasso di colesterolo LDL e aumenti
quello del colesterolo HDL.
• Abbassi la pressione arteriosa sistolica e
diastolica, forse tramite il miglioramento
dell’elasticità aortica e la stimolazione
della sintesi del monossido di azoto endoteliale
(eNOS).
• Prevenga la coagulazione del sangue
inibendo l’aggregazione piastrinica, forse
modulando l’espressione genica e i segnali
cellulari (NFêB e AP1).
• Inibisca l’infiammazione, le proteine di
adesione cellulare, i fattori di chemiotassi
e le metalloproteinasi mediante
NFêB e AP1.
• Agisca come vasodilatatore.
Una corposa letteratura epidemiologica suggerisce
che il consumo regolare di alimenti ricchi di flavonoidi
sia associato a un ridotto rischio di malattie
croniche, coronariche, ictus, infarto del miocardio
e alcuni tipi di cancro, nella popolazione generale,
in uomini e donne, e in donne in post-menopausa
Recenti studi clinici
randomizzati e controllati hanno suggerito che il cacao ha varie attività cardioprotettive, sebbene
i meccanismi biochimici alla base di questo effetto
non siano stati identificati in modo definitivo (Crozier
et al. 2011). Nello specifico, effetti e meccanismi
del cacao ricco di polifenoli (PRC) possono essere:
• abbassamento della pressione sanguigna sistolica
e diastolica, forse tramite il miglioramento
dell’elasticità arteriosa e la stimolazione della sintasi
endoteliale dell’ossido nitrico (eNOS) (Grassi,
et al. 2012);
• azione antinfiammatoria, riducendo le molecole
di adesione cellulare come VLA-4, CD40, CD36,
i fattori chemiotattici, le metalloproteinasi mediate
da NFκB e AP1, la fosfolipasi A2, e l’espressione
della COX-2 (Gu Yet al. 2014; Monagas, et al. 2009);
• miglioramento della sensibilità all’insulina e
diminuzione della resistenza all’insulina, tramite
modifica dell’espressione dei marcatori di segnale,
dei fattori di trascrizione e dei mediatori metabolici,
come ERK, Akt, PPARγ e CEBPα e tAMPKα,
GLUT4 e UCP nel muscolo scheletrico e nel tessuto
adiposo (Min et al. 2013; Yamashita et al. 2012).
Inoltre:
• agisce come antiossidante tramite inibizione dell’ossidazione
del C-LDL e dell’attività LOX
• abbassa il colesterolo LDL e trigliceridi e aumenta
il colesterolo HDL
• previene la coagulazione del sangue inibendo l’aggregazione
piastrinica, forse tramite modulazione
della segnalazione cellulare (NFκB e AP1) e l’espressione
genica
• agisce come un vasodilatatore
• migliora la funzione cognitiva e l’umore.

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