n 19

L’uso dei rimedi naturali per l’infiammazione e la gestione del dolore è motivato soprattutto dalla ricerca di una cura efficace che non abbia effetti collaterali a carico dello stomaco. Coinvolge oltre la metà delle persone con patologie reumatologiche che ne traggono beneficio in più del 60% dei casi. La medicina moderna dà un consistente spazio alla terapia del dolore e antiflogistica e oggi fortunatamente i mezzi a sua disposizione sono molti: la loro integrazione quindi è fondamentale al fine di garantire una migliore qualità di vita al paziente. Essa può attingere al vasto patrimonio della fitoterapia antinfiammatoria come strumento da combinare nella terapia acuta o cronica in particolare nelle sue forme lievi e moderate. Nella gestione del dolore la capofila delle medicine complementari è l’agopuntura, ma un posto importante lo ricopre pure la fitoterapia, ricomprendendo le piante che hanno dato origine alla maggior parte dei farmaci di sintesi attualmente adoperati.  Altri approcci da considerare sono la fisioterapia, l’osteopatia e la terapia cranio-sacrale da affiancare alla correzione dello stile di vita e dell’alimentazione, dove gli acidi grassi essenziali hanno un ruolo da protagonisti. Infine è importante tenere conto anche dell’aspetto psicologico del dolore e della flogosi, che può essere una loro concausa e conseguenza (specialmente se la condizione di malattia si protrae nel tempo). In merito a ciò emerge la rilevanza delle terapie di controllo dello stress e del dolore. L’infiammazione acuta e cronica a livello osteo-muscolare può trarre giovamento dall’integrazione della cura convenzionale con quelle complementari, secondo piani terapeutici (da definire caso per caso con il supporto degli specialisti) in linea con la sempre più consolidata e condivisa concezione della medicina integrata. La necessaria diagnosi differenziale permette una programmazione della cura specifica per il quadro patologico riscontrato, ma spesso si serve di uno mezzo largamente accettato: la terapia antalgica e antinfiammatoria. Le categorie di alimenti o principi attivi ad azione antiflogistica sono le fibre e i cibi a essa associati (cereali integrali, legumi, frutta e verdura), gli acidi grassi (soprattutto quelli polinsaturi) e anche le spezie, oggi ben note per le loro proprietà a difesa dell’organismo, come tè, curcuma, aglio, isoflavoni (soia), polifenoli (vino, frutta e verdura colorate, frutta in guscio). I cereali raffinati (poveri di fibre), le proteine e i grassi “cattivi” svolgono, al contrario, un ruolo attivo nella genesi dell’infiammazione. Sono da evitare inoltre prodotti che contengano istamina e/o composti vasoattivi (vino rosso, cioccolato, formaggio, birra) e cofattori come coloranti per alimenti (E102 tartrazina), alcool, quantità eccessive di proteine e allergeni alimentari. Sono da preferire cibi ricchi di vitamina B6, 5-HTP 5-idrossitriptofano, acidi grassi essenziali EFA, riboflavina (vitamina B2). Si deve ottimizzare la funzione digestiva a seconda del bisogno, correggere la disbiosi intestinale, ridurre il sovraccarico tossico, sostenere gli enzimi della disintossicazione e praticare attività fisica moderata. Recenti e ben documentati studi scientifici spiegano come i FANS (Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei) blocchino non solo le prostaglandine del dolore, ma anche quelle indispensabili a salvaguardare lo stomaco dall’autodigestione attraverso il muco alcalino che previene ulcere e gastriti. L’attenuazione del sintomo doloroso è importante quanto l’approccio alle cause, perché per esempio il mal di testa è una condizione debilitante e in casi gravi insostenibile. Diminuirne il dolore migliora la qualità della vita, spesso rompe un circolo vizioso (come nel caso delle cefalee muscolo-tensive) e riconosce e convalida la sofferenza della persona. Il dolore addominale di origine funzionale non è quello lancinante, più o meno improvviso e altamente invalidante che caratterizza il cosiddetto addome acuto (che andrà invece valutato subito dal punto di vista chirurgico), ma un senso di fastidio ricorrente (che può anche essere avvertito come sensazione di sofferenza fisica). Dalla posizione in cui esso viene avvertito dipende la classificazione in: dispepsia funzionale, quando il dolore è sopra l’area gastrica (dolore epigastrico); sindrome del colon irritabile, in presenza di urgenza a espellere feci a volte sfatte; emicrania addominale, cioè con sintomi del tutto simili a quelli dell’emicrania vera e propria (che non riguardano la testa ma l’addome) e dolore addominale relativo a tutti gli altri casi. L’ampia letteratura scientifica ha chiarito molti complessi meccanismi biochimici della neuroinfiammazione e neurotrasmissione del dolore e vi è una sempre maggiore attenzione agli effetti collaterali di molti farmaci tradizionali (assenti nella medicina integrata). L’evoluzione nell’uso dei neurotrofici è iniziata nel 1911 con Casimir Funk, considerato il padre delle vitamine, il quale scoprì la Tiamina (cioè la vitamina B1). Da quel momento in poi sono state identificate numerose altre sostanze catalogabili come vitamine: oltre alle classiche 14, suddivise in liposolubili (A, D, E, F, K) e idrosolubili (B1, B2, B3, B5, B6, B8, B9, B12, C), sono stati elencati molteplici composti che, similmente a esse, sono essenziali per l’uomo.

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apparato emuntorio
sistema nervoso (SNC)
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escolzia

L’utilizzo della pianta come antinevralgico ha radici
antiche che trovano conferma nella moderna ricerca
scientifica sugli alcaloidi presenti non ad alte concentrazioni,
ma sufficienti a indurre un miglioramento
delle sindromi dolorose. Gli studi di laboratorio sui topi
hanno dimostrato che l’utilizzo dell’estratto idroalcolico
della pianta induce un’analgesia periferica senza
manifestare azioni sedative centrali, neurolettiche
o miorilassanti (Rolland,1991; Abascal, 2004;
Al-Snafi, 2017). Un articolo degli anni Ottanta
pubblicato su Phytotherapy ne
descriveva già proprietà analgesiche
e calmanti utili nelle sindromi
dolorose a carico dell’apparato digerente,
delle vie biliari e nell’emicrania
(Rolland, 1987). L’efficacia
nell’emicrania è dovuta all’azione
oppioide endogena e inibitoria (tramite
stimolo sul GABA) che diventa
potenzialmente utile in tutte le cefalee
vasomotorie a eziologia multifattoriale, in
quanto può agire anche sulla loro componente ansiosa,
che ne è una concausa (Kreckova, 2009). Un’altra
applicazione dell’escolzia è il contrasto alla dipendenza
da oppiacei, come evidenziato da un articolo pubblicato
nel 2018 su International Journal of Complementary
and Alternative Medicine.
L’autrice riporta differenti casi clinici nei quali l’assunzione
dell’estratto di escolzia associata a quella
degli analgesici oppioidi ha permesso una riduzione
del dosaggio degli antidolorifici di sintesi pur mantenendo
l’effetto antinevralgico nel paziente (Zampieron,
2018).

griffonia

Una pianta importante per la fibromialgia è la Griffonia simplicifolia,
i cui semi sono ricchi di 5-idorssi-triptofano (5-HTP), il precursore
della serotonina. La serotonina e la noradrenalina si sono dimostrate
carenti nella fibromialgia e le concentrazioni di serotonina
sono direttamente proporzionali ai risultati del Fybromyalgia Impact
Questionnaire (FIQR) (Amin, 2019). La stessa serotonina poi è
anche carente nell’emicrania, spesso presente nella rosa sintomatica
della sindrome fibromialgica. La somministrazione dell’estratto
dei semi di griffonia apporta il 5-HTP, che passa la barriera ema toencefalica e viene trasformata in serotonina nel cervello, dove
esplica le sue molteplici funzioni, tra le quali quelle sul dolore. Gli
studi ormai datati dell’utilizzo della serotonina nei pazienti con fibromialgia
riportano un miglioramento del dolore muscoloscheletrico,
della rigidità, dell’ansia e della fatigue. (Nicolodi, 1996)

altre erbe medicinali

Altre erbe sintomatiche utili nella gestione
individuale della sintomatologia dolorosa sono le piante analgesiche
ottenute dagli estratti di Boswelia serrata, Arpagophitum
procumbens (Arpagofito, impropriamente chiamato anche artiglio
del diavolo), Salix alba e Uncaria tormentosa. Per la componente
ansiosa possono essere utili invece Scutellaria baicalensis, Passiflora
incarnata o Melissa officinalis. E per la depressione l’Hypericum
perforatum, la Rhodiola rosea e lo zafferano. Nonostante l’evidenza
scientifica riferita prevalentemente alle piante sopra descritte sia
promettente, ma non concludente, uno studio osservazionale su oltre
400 pazienti della durata di 14 anni ha evidenziato come molti
di essi facesse utilizzo anche di differenti altre piante quali tè verde,
semi di lino, coenzima Q10, zenzero, aglio e acidi grassi essenziali
(Mohabatt, 2019).
Una recente pubblicazione indiana infine aggiunge altre due piante
da tenere in considerazione grazie al loro effetto antidolorifico
dimostrato su cavia: il basilico (Ocimum basilicum), che contiene
il linalolo, un terpene con poteri analgesici, e la Curcuma longa, i cui principi attivi hanno azione analgesica tramite un meccanismo
che coinvolge le ciclossigenasi, le prostaglandine e i TRPV1, dei recettori
coinvolti nella generazione dello stimolo doloroso (Sharma,
2019). Data la diversità del quadro sintomatologico che si presenta
nella fibromialgia singolarmente da paziente a paziente, l’indicazione
migliore è la prescrizione dell’associazione di estratti fitoterapici
secondo ricetta galenica, così da poter scegliere le migliori piante
per il paziente in quel momento

scutellaria

I suoi principali costituenti attivi sono i flavonoidi baicalina, baicaleina, wogonina e scutellarina. L’OMS nelle
sue monografie riporta l’utilizzo clinico per lo stimolo delle difese immunitarie e dell’ematopoiesi e le proprietà farmacologiche epatoprotettrice, antinfiammatoria, antiossidante, antimicrobica, antitumorale e di azione sul sistema nervoso centrale.
Quest’ultima azione è mediata dall’occupazione del sito di legame benzodiazepinico sul recettore A del GABA (aminobutyric acid); il risultato è uno stimolo GABAergico con effetto di sedazione del sistema nervoso centrale. Scutellaria a oggi è utilizzata prevalentemente per l’azione antiossidante e immunostimolante generica e specifica
nella prevenzione e affiancamento alla terapia del tumore polmonare e per l’azione epatoprotettrice nelle insufficienze epatiche. In primis il meccanismo GABAergico è rinforzato dall’azione della baicalina che, secondo differenti fonti
raccolte in una review, agisce non solo sul recet-tore del GABA ma anche nell’inibizione della GABA transaminasi. Altre due molecole di fondamentale importanza per l’azione sui sistemi psicosomatici essenziali sono la melatonina e la serotonina,.

vitis vinifera

I semi d’uva contengono numerose sostanze benefiche fra cui la vitamina E, ad azione antiossidante, i flavonoidi e l’acido linoleico, un acido grasso essenziale (non prodotto dal corpo umano) molto importante e utile per le cellule, che deve essere introdotto tramite gli alimenti. Tra i componenti dei semi d’uva, vi sono le protoantocianidine
oligomeriche (OPC), bioflavonidi ad azione antiossidante molto forte.
Alcuni studi hanno confermato l’efficacia delle protoantocianidine
nei disturbi della menopausa e in particolare
anche sulla composizione corporea e sui parametri
cardiovascolari. Le proantocianidine migliorano effettivamente i sintomi fisici e psichici nelle donne in menopausa, incrementano la massa muscolare, e riducono la pressione sanguigna in
donne in menopausa.

cumino nero

L’olio di semi di cumino nero, in particolare con un contenuto elevato
in TC, ha effetti antinfiammatori e analgesici attraverso
percorsi diversi. L’efficacia del TC come potenziale trattamento
è stata confermata in diversi modelli animali
di artrite e negli studi clinici ha confermato l’uso orale
e topico di olio di SNS, senza effetti avversi nei pazienti
affetti da artrite reumatoide (Mahboubi et al. 2018).
In uno studio clinico randomizzato e controllato su 60
pazienti geriatrici con dolore al ginocchio, l’applicazione
cutanea di olio di SNS (sfregato sulle ginocchia 3
volte a settimana per 1 mese) ha causato una riduzione
significativa della gravità del dolore rispetto al placebo
(Tuna et al. 2018).
In un precedente studio clinico controllato, randomizzato
in doppio cieco, su 77 pazienti con osteoartrosi del
ginocchio (40 gruppo placebo e 37 gruppo attivo), la somministrazione orale dell’olio di semi di nigella non ha
portato a differenze significative nei parametri dell’artrosi
e nell’uso di farmaci FANS (Salimzadeh et al. 2017).
Sono necessari ulteriori dati clinici per valutare la reale
efficacia dell’olio di semi in questa patologia.

melissa

La Melissa possiede un’azione tranquillizzante, antispasmodica e risulta efficace negli stati di ansia accompagnati da irrequietezza e irritabilità e nei disturbi gastrici di origine psicosomatica, nella cosiddetta “nevrosi gastrica”, o quando sia presente un quadro di irritabilità generale, difficoltà all’addormentamento e tachicardia su base funzionale e nelle forme depressive. Nell’uso tradizionale viene spesso associata alla Valeriana per trattare forme lievi di insonnia: alcuni recenti studi hanno confermato tale indicazione. Interessante a risulta essere anche l’uso esterno della pianta che sottoforma di preparati a base di olio essenziale mostra di possedere azione sedativa e calmante in soggetti affetti da demenza (sindrome di Alzheimer , deficit cognitivi e agitazione psicomotoria dell’anziano, ecc.) e comunque di possedere effetti benefici in caso di insonnia. La pianta risulta utile inoltre nelle manifestazioni dolorose di origine nervosa quali cefalea, spasmi gastrointestinali, vomito ecc. Con la sua prescrizione si assiste ad un miglioramento di quadri dispeptici accompagnati da aerofagia, flatulenza e “piccola insufficienza epatica”. Risulta utile anche in caso di stati di tensione nervosa premestruale. Viene inserita dalla Food and Drug Administration americana nella lista GRAS (Generally Recognized as Safe).

pino

Tra le proprietà dell’estratto indubbiamente quella di
maggiore interesse e la notevole attività antiossidante
e bloccante i radicali liberi. In realtà, l’azione antiossidante e correlata al contenuto in flavonoidi, in procianidine e in acidi fenolici, ovvero e legata alla struttura chimica dei flavonoidi e degli oligomeri procianidinici. Si tratta, infatti, di composti costituiti da uno o più anelli aromatici con annessi uno o più gruppi ossidrilici e, quindi, potenzialmente in grado di legare radicali liberi formando fenossiradicali stabili (in genere, si ritengono le procianidine antiossidanti migliori dei fl avonoidi). I derivati fenolici funzionano da antiossidanti preventivi, chelando ioni metallici che agiscono da catalizzatori nei processi ossidativi e prevenendo la formazione di sistemi metallici ipervalenti coinvolti nell’iniziazione del
processo. In tal caso si sottolinea come l’estratto possieda tale attività in misura fuori dell’ordinario, grazie all’incremento della concentrazione intercellulare del glutatione e all’aumento della sintesi di enzimi antiossidanti quali catalasi, superossido dismutasi e glutatione
perossidasi.

zafferano

In uno studio clinico randomizzato in doppio cieco è stato messo a confronto con la duloxetina, un Ssri, nella cura dei pazienti con fibromialgia. I 46 pazienti selezionati
sono stati sottoposti ai test FIQR, Brief Pain Inventory e la Hamilton Rating Scale for Depression prima e dopo la somministrazione di zafferano o duloxetina (dosaggio raddoppiato dalla seconda settimana fino a fine trattamento di otto
settimane). Tutti i risultati ai test hanno evidenziato pari efficacia dello zafferano alla duloxetina nella gestione dei sintomi da fibromialgia
(Shakiba, 2018).

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