n 17

Un corretto metabolismo lipidico ed è utile per controllare il peso. Cibi di qualità (come frutta, verdura, proteine vegetali, pesce, cereali integrali di varie specie, legumi, castagne e altri semi) possono essere assunti in abbondanza. Quelli dolcificati o ricchi di amidi e privi di fibra portano a un notevole aumento di peso a causa delle reazioni biologiche connesse con i picchi insulinici da loro originati. Altrettanti danni sono provocati dai grassi idrogenati (aterosclerosi e disfunzione cardiovascolare), dagli edulcoranti (induzione all’iperalimentazione) e dalle diete troppo monotone (risposte allergiche all’eccesso di glutine e/o di caseina) o prive di fibra (diverticolosi, stipsi). L’insulina è un ormone secreto da speciali cellule (beta) del pancreas: il suo compito è agevolare il trasporto dei nutrienti presenti nel sangue verso le cellule che li utilizzeranno, svuotandolo del suo contenuto di zuccheri attraverso la sua azione ipoglicemizzante (il diabetico, che ne è privo, tende infatti ad avere sempre la glicemia alta), e agire inoltre sulla cellula periferica (muscolare o adiposa) condizionandone, grazie a recettori specifici presenti sulla sua membrana, il comportamento in direzione di accumulo delle scorte lipidiche e di ripristino di quelle di glicogeno (zucchero di riserva) eventualmente consumate. Tutto il meccanismo funziona correttamente se l’assorbimento degli zuccheri è lento e graduale come nel caso di cibi ricchi di fibra, crudi e a basso contenuto zuccherino, mentre il nostro cervello cerca quotidianamente gli alimenti dolcificati a più alto carico energetico. La risposta naturale a questi ultimi è un forte innalzamento dell’insulina, come se ci si trovasse di fronte a un insulto o a un veleno che esalta gli effetti immediati di accumulo che tale ormone ha nei confronti delle cellule (ingrassamento) e in breve tempo l’organismo ha una reazione talmente intensa da lasciare il sangue impoverito di zuccheri (ipoglicemia reattiva). Ciò genera un immediato senso di fame, di debolezza e di irritabilità spingendoci a mangiare di nuovo(e a riportare gli zuccheri del sangue a livelli basali), scatenando così una nuova altalena zuccherina e insulinica con il conseguente accumulo adiposo (più il sangue si riempie di nutrienti, più l’insulina lo svuota deviando l’energia assunta verso le scorte e dandoci un ulteriore senso di fame). Il problema non risiede dunque nella quantità di calorie assunta, ma nel segnale deleterio prodotto dagli zuccheri a immediata assimilabilità. Il consumo di frutta (anche marmellate e succhi al 100%) e verdura è salutare, a patto che esse siano ingerite crude e quasi scondite e con buccia e semi (sebbene si dice che ingrassino, che contengano troppi carboidrati e che gonfino l’addome). Le verdure fibrose (sedano, rapa, carota, carciofo, asparago) o quelle con pochissime calorie (cavolo, lattuga, finocchio, cetriolo) sono alimenti a calorie negative: più si assumono più si alza la spesa energetica che serve per masticarli, che cresce ancora se si considera pure quella necessaria alla loro digestione. Subito dopo in tale “scala” si trovano mele, pere, zucche, cocomeri, che possono dirsi “quasi” a zero calorie. Inoltre il carico glicemico della frutta è moderato perché essa è costituita per la maggior parte di acqua (nel cocomero costituisce il 99%). Una delle regole del regime Biomolecolare è l’eliminazione del frumento raffinato sia per l’alto valore terapeutico della fibra insolubile (molto carente in noi occidentali) sia per quello molto intossicante pro-diabetico e proinfiammatorio delle farine bianche. La fibra sazia, stimola la peristalsi, previene fermentazioni e putrefazioni, arricchisce la flora microbica intestinale, protegge dalla diverticolosi e dal cancro al colon, abbassa l’indice glicemico di qualunque cibo, rimuove tossine dall’intestino e risolve qualsiasi problema di stipsi. Gli “zuccheri di tipo diverso” (dal fruttosio al mannitolo, dal maltosio allo sciroppo di glucosio)sono controproducenti: lo sciroppo di glucosio ha un indice glicemico più elevato del saccarosio (zucchero bianco) perciò non avrà alcun effetto positivo né dal punto di vista calorico né tanto meno sulla risposta insulinica. Sarebbe meglio usare al loro posto i concentrati di succo di mela o d’uva perché comprendono l’intero frutto e quindi, oltre al fruttosio, anche minerali e vitamine. La cosa peggiore da fare è sostituire i dolcificanti naturali o aggiunti di un prodotto con edulcoranti artificiali: aspartame, acesulfame, saccarina, ciclammati, steviosidi, non tanto perché sono ritenuti cancerogeni, ma per la loro capacità di indurre un segnale di ingrassamento. Le endocrine disruptors (squilibranti endocrini) quali zucchero, edulcoranti, grassi fritti o alterati, additivi e conservanti, non disturbano i centri cerebrali della sazietà che quindi bloccano la fame al momento giusto, prevenendo iperalimentazione e accumulo, mentre innescano quelli di reward (ricompensa) e ci spingono a ricercare compulsivamente nuovo cibo: il ripristino dei corretti impulsi ipotalamici attraverso un’induzione naturale di adipochine, enterochine e miochine può mettere fine a ciò. Praticare sport non comporta solo perdita di calorie, ma comunica al proprio organismo che si sta bene: l’ipotalamo, stimolato dall’adiponectina generata dal tessuto adiposo e dall’irisina sviluppata dal tessuto muscolare, farà seguire a questi input una serie di reazioni azionanti la massa muscolare (che crescerà in quantità e nella sua capacità di consumo), la ghiandola surrenale (umore alto, risposta allo stress, steroidi anabolizzanti e sessuali) e le gonadi (le ovaie con la produzione di estrogeni e i testicoli con quella di testosterone) con un forte incentivo all’attivazione metabolica, al dimagrimento e alla salute nel senso (psicofisico e sociale) più ampio del termine (così come definito dall’OMS). La sedentarietà porta a un rallentamento metabolico: senza movimento si può scendere di peso con una dieta di restrizione, perdendo però il tono muscolare. Anche le foodsensitivities, cause dell’infiammazione da cibo, un tempo definite intolleranze o ipersensibilità alimentari, sono segnali forti in grado di suscitare patologie. Oggi si può affermare con sicurezza che la flogosi dei tessuti e dell’organismo provoca impulsi interni che favoriscono una frenata del metabolismo, ovvero un potenziale aumento di peso. L’approccio della Medicina di Segnale di questo genere di malattie è correlato a una sistematica riduzione, mediante la micronutrizione con erbe medicinali, dell’infiammazione cronica alimentare. Quest’ultima comunica all’ipotalamo, per mezzo delle citochine comuni a tutti gli altri tipi di flogosi (e in particolare dell’adipochina chiamata resistina), che il ritmo vitale deve essere deceleratocon i conseguenti accumulo di maggiore grasso e rallentamentodell’attività tiroidea. La derivante resistenza insulinica stimola poi gli adipociti a secernere visfatina, un potente proinfiammatorio, causando un circolo vizioso. L’assunzione di sale e di zucchero (e in parte anche quella di grassi o di alcool e di altri nutrienti energetici concentrati) scatena nel nostro cervello una reazione di piacere paragonabile a quella di una droga o di un orgasmo con compulsione a ripetere il gesto. I cibi dolcificati (bibite gassate, gelati, cioccolato, caramelle, biscotti, brioche, marmellate, creme, dolciumi in genere) o pieni di sale (salumi, formaggi, crackers, pizze, focacce, patatine, salatini) risultano più graditi al palato rispetto agli alimenti il cui sapore è naturale. Il pancreas emette un’elevata quantità di insulina (che tiene sotto controllo la glicemia), il cui eccesso sconosciuto all’organo provocherà diversi danni: indirizzerà il surplus di zuccheri verso la costruzione di grassi, blinderà le cellule adipose impedendo loro di mobilizzare il proprio contenuto, causerà uno stato infiammatorio con la mediazione della visfatina ed esaurirà pian piano il pancreas fino a far insorgere il diabete.
La Sindrome Metabolica (sindrome X, sindrome da insulino- resistenza) e stata definita “una costellazione di fattori di rischio, tra loro correlati, per malattie cardiovascolari e diabete” (SIGG). Si tratta, quindi, di una condizione clinica caratterizzata da più fattori predisponenti e reciprocamente ingravescenti in grado di aumentare significativamente, quando presenti, il rischio per malattie cardiovascolari, diabete e ictus.
La diagnosi di Sindrome Metabolica (SM) prevede un corretto riconoscimento e inquadramento dei fattori di rischio che la compongono, vale a dire: alterato metabolismo glucidico e\o diabete mellito, obesità viscerale, dislipidemia, ipertensione arteriosa, danni d’organo. Secondo il National Cholesterol Education Program (NCEP) si pone diagnosi di sindrome metabolica in presenza di almeno 3 dei seguenti fattori di rischio:
– obesità addominale (circonferenza vita ≥102 cm negli uomini e ≥80 cm nelle donne)
-alterata regolazione della glicemia (glicemia a digiuno≥100 mg/dL) o pregressa diagnosi di diabete
– trigliceridemia elevata (≥150 mg/dL)
-colesterolemia HDL bassa (≤40 mg/dl negli uomini e ≤50 mg/dl nelle donne), rapporto LDL/HDL ≥ 2,5
-pressione arteriosa elevata (≥130/85 mmHg) o in trattamento antipertensivo



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apparato cardiovascolare
azioni mirate al girovita, equilibrio del peso, metabolismo dei carboidrati, drenaggio dei liquidi, digestione dei grassi, eliminazione dei gas intestinali, anti-stanchezza da dieta, colesterolo, colesterolemia, obesità, sovrappeso, metabolismo lento, fame nervosa, dimagrire,  LDL, HDL, sindrome metabolica

garcinia

è ricca di acido idrossicitrico che
inibisce competitivamente
l’enzima ATPcitrato liasi, coinvolto nell’assoribimento dei grassi da parte dell’organismo. L’acido idrossicitrico inibisce inoltre le amilasi pancreatiche e le alfa-glicosidasi intestinali (rallentando quindi l’assimilazione degli amidi). Tra i benefici noti figurano anche l’aumento del senso di sazietà e l’aiuto a tenere sotto controllo trigliceridi
e colesterolo.

cordiceps sinensis

oro del Tibet
Fungo raro e particolarissimo
In Cina è utilizzato da millenni per disfunzioni
sessuali, stanchezza cronica,
depressione, nelle malattie respiratorie
e renali, e come immunostimolante e antitumorale.
In occidente è studiato, proprio per provarne
tutte le vantate proprietà, da circa
20 anni. I suoi costituenti principali sono
molto importanti anche dal punto vista
nutrizionale.
Contiene tutti gli aminoacidi essenziali,
mono, oligosaccaridi e polisaccaridi, steroli
(ergosterolo) vitamine E, B1, B2, B12, K
e macro e microelementi. La Cordicepina è
un importante nucleotide a forte capacità
bioattivante, unico in natura. Da studi, anche
“estremi” su topi, alla ricerca della tossicità
di questo fungo è risultato che può
essere utilizzato da tutti senza controindicazioni
(tranne le classiche in gravidanza
e allattamento).
Dalla ricerca è stata evidenziata nel
Cordyceps un’attività antidepressiva attraverso
una modulazione dell’adrenalina
e dopamina. Regolarizzando la produzione
di neurotrasmettitori e dell’ormone deidroepiandrosterone,
convalida l’azione “tonica”
per cui è stato così ricercato; come
tonico sessuale regola la produzione degli
ormoni sia maschili che femminili, aumentando
la libido. Aumenta, utilissimo
per gli atleti, la resistenza agli sforzi fisici,
con incremento della produzione di ATP e
ossigenazione dei tessuti senza avere effetti
dopanti. Nella sindrome metabolica, nel
diabete di tipo 2, regolarizza la glicemia e
favorisce l’aumento dell’insulina.
viene evidenziato anche un miglioramento
dell’assetto lipidico, della situazione
cardiaca, un effetto epatoprotettivo
su danni da tossine, e miglioramento
degli stati cirrotici e steatosi epatica.
Alcuni nucleosidi di questo fungo assieme
ai polisaccaridi hanno un’azione inibente
la replicazione virale studiata sul
virus dell’epatite B e C e HIV. Si ha una
diminuzione della carica virale, aumento
dei linfociti CD4, delle cellule Natural Killer,
delle immunoglobuline e chiaramente
l’effetto epatoprotettivo caratteristico
di questo fungo non può che potenziare
l’azione curativa. Il Cordyceps espleta un’azione di regolazione
sul sistema neuro-endocrino. Stimola la secrezione
degli ormoni della corteccia surrenale
e sostiene il circuito di regolazione ipofisariosurrenale.
Una parte di questo effetto va attribuita
al triptofano, il precursore della “serotonina”.
Ha un effetto inibitorio sull’enzima
monoamminossidasi (MAO). A livello renale
ne migliora la funzionalità.
A livello epatico ha il potere di rallentare la
fibrosi tessutale, per cui è utilissimo nelle epatopatie
alcoliche e nelle cirrosi. A livello genitourinario
incrementa la potenza sessuale
aumentando la produzione di testosterone.
Migliora inoltre la libido in entrambi i sessi
ed è un regolatore del ciclo sessuale femminile.
Nei giovani migliora le capacità di
concentrazione, mentre nell’anziano aiuta in
caso di astenia e depressione migliorando la
qualità del sonno. Utile anche negli sportivi
in quanto aumenta l’energia e il rendimento
muscolare contrastando anche la stanchezza
e l’accumulo di acido lattico.
Come per gli altri funghi
qui trattati anche il Cordyceps ha evidenziato
effetti protettivi da danni tossici,
chimici, xeno biotici. Studi sono stati
eseguiti sul miglioramento degli effetti dei
chemioterapici sul midollo osseo, che su
un fronte viene stimolato a produrre leucociti,
dall’altro si ha l’incremento di tessuto
osseo, sembra con un’azione protettiva
sul processo dell’emopoiesi.
Questo fungo “miracoloso” è consigliato
agli astenici, agli ansiosi, ai malati anche
con grandi disfunzioni epatiche, agli atleti,
nei casi di impotenza, diminuzione della
libido e durante chemio e radioterapia per
attenuarne gli effetti collaterali.

acini uva

In questo studio clinico randomizzato
in doppio cieco, controllato con
placebo sono stati valutati gli effetti
della supplementazione dell’estratto
di semi d’uva (GSE) e il suo ruolo
come potenziale moderatore
di infiammazione e obesità. In
particolare è stata presa in esame la
supplementazione di questo estratto,
assunto in associazione a una dieta
ipocalorica, sui valori dei lipidi
ematici, sull’indice di grasso viscerale
(VAI) e sull’indice di aterogenicità del
plasma (AIP).
Quaranta individui obesi o in
sovrappeso sono stati assegnati
in modo casuale a due gruppi e
hanno ricevuto rispettivamente un
estratto di semi d’uva
oppure una sostanza placebo, in
associazione a una dieta ipocalorica
per 12 settimane. Sono stati valutati
misure antropometriche, marcatori
biochimici nonché la dieta nel periodo
di sperimentazione rilevando i
seguenti risultati.
I livelli di colesterolo LDL hanno
avuto una riduzione significativa
dopo l’integrazione con GSE
rispetto al placebo (p = 0,04). Nel
gruppo GSE sono diminuiti anche
il colesterolo totale, il livello di
trigliceridi, il grasso viscerale,
l’indice di aterogenicità del
plasma. Gli autori di questo
trial hanno concluso che la
supplementazione con estratto
di semi d’uva può svolgere un
ruolo modulatorio e migliorare il
profilo lipidico di individui obesi o
in sovrappeso, se associata a una
dieta ipocalorica.

caffè verde

Gli studi condotti
hanno documentato un calo del BMI, ma anche della percentuale di massa grassa dell’organismo. I meccanismi d’azione non sono ben noti, ma si ritiene che tali risultati si siano ottenuti soprattutto grazie all’azione dell’acido
clorogenico e dell’acido caffeico, che pare possano inibire l’amilasi pancreatica. Questo tipo di attività ovviamente può comportare una riduzione dell’assorbimento del glucosio con conseguente ridotta escursione insulinemica. Si
è anche ipotizzata una inibizione della lipasi pancreatica, con conseguente ridotto assorbimento intestinale di lipidi, e della lipoprotein lipasi, enzima in grado di idrolizzare i trigliceridi contenuti nelle lipoproteine circolanti, liberando
due acidi grassi liberi e una molecola di acilglicerolo

fucus

ricca di iodio e di
selenio (per una corretta funzionalità della tiroide),
di fibra insolubile e di alginati (per indurre una
forte sensazione di sazietà) e di fucoxantina. L’azione
sinergica dei suoi fitocomposti sembra dunque
particolarmente idonea al dimagrimento. La fucoxantina
è un carotenoide che favorisce una riduzione
delle riserve adipose attraverso l’attivazione
della termogenina, che è tecnicamente una UCP
(proteina disaccoppiante). Le UCP contribuiscono
a smaltire le riserve di grasso sotto forma di calore
rendendo
meno efficiente
(più sprecona)
la trasformazione
dell’energia,
assunta col
cibo, in ATP
(energia utilizzabile
per fare
scorte).
Ancora una
volta scopriamo come ogni pianta, seppur scelta
per una sua singola caratteristica (drenaggio, apporto
di iodio o di enzimi) risulti poi efficace su
molti altri piani come antiossidante, antiaging,
ricostituente lipidico ecc. Un eccellente motivo per
studiare sempre più a fondo l’utilizzo dei prodotti
fitoterapici di cui madre natura ci ha fatto gratuitamente
dono.

tarasacco

La pianta favorisce la funzionalità epatica e biliare
(azione colagoga e coleretica): clinicamente trova indicazione
nelle alterazioni del flusso biliare, nel trattamento
della disappetenza e nei disturbi dispeptici quali
senso di pienezza, disturbi digestivi e flatulenza (azione
amaro-tonica) e nel favorire la diuresi. Esercita anche
attività ipocolesterolemizzante, azione dovuta molto probabilmente
al comparto flavonico. Uno studio pubblicato
ha segnalato come estratti di foglie di Tarassaco siano
in grado di sopprimere significativamente l’accumulo di
lipidi nel fegato e di ridurre l’insulino-resistenza nella
cavia che presenta steatosi epatica a causa di una dieta
ad alto contenuto di grassi.14
Avvertenze: verificare che non vi sia allergia alle Asteraceae.
In caso di calcolosi delle vie biliari la sua assunzione
deve avvenire soltanto su indicazione medica.

fumaria

Pianta ad azione anfocoleretica, in grado cioè di aumentare il flusso biliare insufficiente o di frenarlo quando è eccessivo. Grazie a tali proprietà regolatrici del flusso biliare può risultare efficace, per esempio, nei confronti delle emicranie cosiddette “epatiche”, spesso sostenute da cattive abitudini alimentari e da discinesia delle vie biliari.

cacao

Nella revisione sistematica di Ding e colleghi su studi
sperimentali, osservazionali e clinici, gli autori hanno
concluso che il corpo degli studi sull’alimentazione
randomizzata a breve termine ha mostrato un’associazione
tra consumo di cioccolato ed effetti antinfiammatori
e antipiastrinici, livelli di HDL più elevati
e ha diminuito l’ossidazione delle LDL, mentre gli studi
sull’acido stearico hanno dimostrato che è neutro
per il colesterolo. Questi ultimi studi sono stati tuttavia
viziati da molti limiti metodologici (Ding et al. 2006). La revisione sistematica e la meta-analisi di
Shrime e colleghi hanno scoperto che il consumo di
cioccolato era associato a una diminuzione del C-LDL
e a un aumento del C-HDL, mentre i livelli sierici
di colesterolo totale, trigliceridi e proteina C-reattiva
sono rimasti gli stessi (Shrime et al. 2011). Hooper e colleghi, tuttavia, hanno riscontrato effetti solo marginalmente
significativi su LDL-C e HDL-C, e hanno
notato che la forza dell’evidenza è stata ridotta a causa
di rapporti poco chiari per occultamento dell’allocazione,
abbandoni, dati mancanti sui risultati ed eterogeneità
nei risultati dei biomarcatori in alcuni studi
(Hooper et al. 2012). Una revisione del 2014 suggerisce
che i polifenoli del cacao regolano il metabolismo
dei lipidi regolando l’espressione dei geni coinvolti nel
metabolismo energetico, come il gene AdipoQ, possibilmente
attivando fattori di trascrizione (NF-kB, AP-1) e
recettori nucleari (PPARγ, LXR) (Ali, Ismail, Kersten
2014). È stato confermato in una serie di meta-analisi
che l’acido stearico è un tipo di grasso saturo non
aterogenico, poiché non aumenta LDL-C o colesterolo
totale, mentre ci sono prove contrastanti sugli effetti
su HDL- C e lipoproteina A, e sulla coagulazione e la
trombosi (Ding et al. 2006). Non si sa perché il burro
di cacao debba essere non aterogenico, ma è stato
proposto che ciò sia dovuto alla sua complessa struttura
chimica: quasi tutto l’acido stearico nel burro di
cacao è presente come triacilglicerolo simmetrico, una
caratteristica strutturale che ne rallenta l’assorbimento
intestinale, riducendo così gli effetti dislipidemici. È
stato anche proposto che vi sia una trasformazione in
vivo relativamente elevata dell’acido stearico in acido
oleico mono-saturo, considerato ipocolesterolemizzante
e cardioprotettivo (Rimbach et al. 2011). Dato che la
stragrande maggioranza degli studi mostra che l’acido
stearico ha effetti benefici o neutri sulla pressione arteriosa
e non influisce negativamente sui tradizionali
fattori di rischio lipidici stabiliti, sembra improbabile
che possa influire negativamente sul rischio di CVD.
Va sottolineato che in un primo studio l’acido stearico
ha abbassato il colesterolo in uomini sani quando
usato in sostituzione dell’acido miristico dal burro di
latte, ma non sembra ridurre il colesterolo in termini
assoluti. A causa di questi risultati si può concludere
preliminarmente che mentre l’acido stearico è migliore
di altri grassi saturi, non ci sono prove concrete di
una riduzione del rischio di CVD correlata al consumo
del solo burro di cacao.
Effetti sull’aggregazione piastrinica
Secondo Ding e colleghi i polifenoli del cacao, e
in particolare la catechina e l’epicatechina, hanno
mostrato in vitro effetti anti-piastrinici quantitativamente
simili a quelli dell’aspirina (Ding et al.
2006). Il cacao ricco di polifenoli ha ridotto i marcatori
per l’aggregazione piastrinica (glicoproteina
legante il fibrinogeno IIb-IIIa) (Rein et al. 2000) e cacao ricco di polifenoli hanno causato vasodilatazione
coronarica, miglioramento della vasomozione
coronarica e diminuzione dell’adesione
piastrinica, tutti effetti che erano correlati con
il contenuto sierico nell’epicatechina (Flammer et
al. 2007).

gymnema

Componenti ad azione ipoglicemizzante: acidi gymnemici presenti nelle foglie come sale di potassio (gymnemina), si tratta in effetti di una miscela di almeno nove acidi glicosidici a struttura molto simile il cui componente più attivo risulta essere l’ac. gymnemico A1.
Proprietà: il principio attivo della gymnema svolge la sua azione ipoglicemizzante attraverso due meccanismi principali:
1) inibizione dell’assorbimento degli zuccheri a livello intestinale;
2) aumentata trasformazione metabolica del glucosio a livello cellulare.
Gli studi compiuti in Giappone dal dr. Hatai e in USA dal dr. Faull hanno dimostrato che l’ac. gymnemico possiede una molecola simile a quella dello zucchero, ma più grossa, per cui si lega ai recettori intestinali adibiti all’assorbimento del saccarosio bloccandoli reversibilmente. Tale blocco si instaura velocemente e permane per molte ore soprattutto se le dosi sono ripetute nell’arco della giornata, impedendo per il 50% l’assorbimento dello zucchero. Lo stesso legame si instaura a livello delle papille gustative infatti, mettendo sulla lingua una piccola quantità di gymnema, entro pochi istanti viene annullata la percezione del dolce e dell’amaro (lasciando inalterata invece la percezione del gusto salato, acido e metallico).

cumino

L’estratto di cumino nero è stato testato in vari studi clinici su
alcuni indici antropometrici dell’obesità degli adulti: peso
corporeo, indice di massa corporea (BMI) e circonferenza
della vita. Una metanalisi mostra che esistono
degli effetti statisticamente significativi sul peso corporeo
e su BMI negli adulti, mentre l’effetto sulla circonferenza
della vita non è stato significativo (Mousavi et
al. 2018). Una seconda metanalisi trova, invece, un dato
statisticamente significativo anche per l’effetto sulla
circonferenza della vita, anche se dichiara che, a causa
dell’elevata eterogeneità dei dati per il peso corporeo e
il numero limitato di studi di alta qualità, i risultati devono
essere presi con cautela (Namazi et al. 2018). I dati
clinici suggeriscono pertanto un effetto moderato dei
SNS su peso corporeo e BMI, e forse anche su circonferenza
vita, ma le evidenze non sono ancora completamente
soddisfacenti.
La somministrazione di cumino nero e varie sue preparazioni
hanno un impatto positivo sulle dislipidemie. Nello
specifico essi hanno un significativo impatto sulle
concentrazioni lipidiche plasmatiche, con conseguente
riduzione del colesterolo totale, LDL-C, e dei livelli
di trigliceridi, mentre l’aumento del colesterolo HDL è
meno certo (bassa significatività statistica) e associato
solo all’assunzione di polvere di semi.
Gli effetti potrebbero essere attribuiti all’inibizione
dell’assorbimento intestinale di colesterolo, riduzione
della sintesi epatica di colesterolo e up-regolazione
dei recettori LDL. Complessivamente questi dati
suggeriscono che i SNS siano una terapia promettente
per i pazienti dislipidemici (Asgary et al. 2015; Sahebkar
et al. 2016).
I semi di cumino nero e i loro derivati sono stati testati
anche per attività antimicrobica, antispasmodica, anticonvulsiva,
antielmintica e analgesica.

guggul

Viste queste proprietà è indicata per
ridurre i rischi di ipercolesterolemia, aterosclerosi e ipertrigliceridemia. Proprietà farmacodinamiche sono quella antinfiammatoria,
antireumatica e sembra stimolante l’attività
tiroidea. Si ritiene che
la componente maggiormente bioattiva
sia il guggulsterone; l’azione
ipolipemizzante è attribuita all’antagonismo
del recettore X farnesoide.
contiene vari principi
attivi con attività ipolipemizzante e antinfiammatoria.
L’azione ipocolesterolemizzante, ipolipidemizzante,
seppur clinicamente riconosciuta da vari studi, sembra
si caratterizzi per interferire sul metabolismo lipidico
attraverso varie vie, tipici effetti del fitocomplesso
delle piante: inibendo la biosintesi epatica del colesterolo,
riducendo i livelli ematici di colesterolo e trigliceridi
e stimolando la captazione delle VLDL e LDL nel
fegato, aumentando le escrezioni biliari del colesterolo
e aumentando le HDL. A livello intestinale si ha riduzione
di parte dei grassi assunti dall’alimentazione.
Viene inoltre diminuita la viscosità del sangue, attività
fibrinolitica antiaterosclerotica.
Studi clinici randomizzati hanno, dopo 8 settimane di
trattamento, evidenziato un abbassamento del colesterolo
totale dal 10% fino al 27% e su tre studi uno ha dimostrato
anche un aumento delle HDL.

griffonia

Può rivelarsi utile soprattutto per attenuare i classici sintomi della sindrome di astinenza da nicotina quali fame nervosa, ansia e cefalea, favorendo un maggiore rilassamento fisico e mentale, migliorando l’umore del soggetto e riducendone i livelli di stress; in parallelo alza i livelli di melatonina (derivante a livello biosintetico, al pari della serotonina, dal triptofano) e di conseguenza la qualità del sonno notturno ne risente favorevolmente. Fornire integratori a base di Griffonia si traduce in primis in una supplementazione di un diretto precursore della serotonina, contrastando sin dall’inizio le alterazioni nella sua sintesi provocate dall’esposizione cronica al fumo di tabacco. Gli effetti psicofarmacologici della nicotina sono da anni al centro degli studi condotti da un ricercatore scozzese, David JK Balfour dell’Università di Dundee, il quale ha messo in evidenza come la nicotina stimoli il rilascio di serotonina solo nel breve periodo di esposizione per poi condurre, nel corso di un periodo prolungato, a un suo netto decremento fisiologico. 

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1. Vasudeva N, Yadav N, Sharma SK, Natural products: a safestapproach for obesity, Chin J Integr. Med. 2012 Jun;18(6):473-80. doi:10.1007/s11655-012-1120-0;

2. Ríos-Hoyo A, Gutiérrez-Salmeán G, New Dietary Supplements for Obesity: What We- Currently Know. Curr. Obes Rep. 2016 Jun;5(2):262-70. doi: 10.1007/s13679-016-0214-y;

3. Bersani FS, Coviello M, Imperatori C, et al, Adverse Psychiatric Effects Associated with Herbal Weight-Loss Products, Biomed Res Int. 2015;2015:120679. doi:10.1155/2015/120679.

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