Connubio tra scienza e natura Ispirati dalla Natura, potenziati dalla ricerca
Un corretto metabolismo lipidico ed è utile per controllare il peso. Cibi di qualità (come frutta, verdura, proteine vegetali, pesce, cereali integrali di varie specie, legumi, castagne e altri semi) possono essere assunti in abbondanza. Quelli dolcificati o ricchi di amidi e privi di fibra portano a un notevole aumento di peso a causa delle reazioni biologiche connesse con i picchi insulinici da loro originati. Altrettanti danni sono provocati dai grassi idrogenati (aterosclerosi e disfunzione cardiovascolare), dagli edulcoranti (induzione all’iperalimentazione) e dalle diete troppo monotone (risposte allergiche all’eccesso di glutine e/o di caseina) o prive di fibra (diverticolosi, stipsi). L’insulina è un ormone secreto da speciali cellule (beta) del pancreas: il suo compito è agevolare il trasporto dei nutrienti presenti nel sangue verso le cellule che li utilizzeranno, svuotandolo del suo contenuto di zuccheri attraverso la sua azione ipoglicemizzante (il diabetico, che ne è privo, tende infatti ad avere sempre la glicemia alta), e agire inoltre sulla cellula periferica (muscolare o adiposa) condizionandone, grazie a recettori specifici presenti sulla sua membrana, il comportamento in direzione di accumulo delle scorte lipidiche e di ripristino di quelle di glicogeno (zucchero di riserva) eventualmente consumate. Tutto il meccanismo funziona correttamente se l’assorbimento degli zuccheri è lento e graduale come nel caso di cibi ricchi di fibra, crudi e a basso contenuto zuccherino, mentre il nostro cervello cerca quotidianamente gli alimenti dolcificati a più alto carico energetico. La risposta naturale a questi ultimi è un forte innalzamento dell’insulina, come se ci si trovasse di fronte a un insulto o a un veleno che esalta gli effetti immediati di accumulo che tale ormone ha nei confronti delle cellule (ingrassamento) e in breve tempo l’organismo ha una reazione talmente intensa da lasciare il sangue impoverito di zuccheri (ipoglicemia reattiva). Ciò genera un immediato senso di fame, di debolezza e di irritabilità spingendoci a mangiare di nuovo(e a riportare gli zuccheri del sangue a livelli basali), scatenando così una nuova altalena zuccherina e insulinica con il conseguente accumulo adiposo (più il sangue si riempie di nutrienti, più l’insulina lo svuota deviando l’energia assunta verso le scorte e dandoci un ulteriore senso di fame). Il problema non risiede dunque nella quantità di calorie assunta, ma nel segnale deleterio prodotto dagli zuccheri a immediata assimilabilità. Il consumo di frutta (anche marmellate e succhi al 100%) e verdura è salutare, a patto che esse siano ingerite crude e quasi scondite e con buccia e semi (sebbene si dice che ingrassino, che contengano troppi carboidrati e che gonfino l’addome). Le verdure fibrose (sedano, rapa, carota, carciofo, asparago) o quelle con pochissime calorie (cavolo, lattuga, finocchio, cetriolo) sono alimenti a calorie negative: più si assumono più si alza la spesa energetica che serve per masticarli, che cresce ancora se si considera pure quella necessaria alla loro digestione. Subito dopo in tale “scala” si trovano mele, pere, zucche, cocomeri, che possono dirsi “quasi” a zero calorie. Inoltre il carico glicemico della frutta è moderato perché essa è costituita per la maggior parte di acqua (nel cocomero costituisce il 99%). Una delle regole del regime Biomolecolare è l’eliminazione del frumento raffinato sia per l’alto valore terapeutico della fibra insolubile (molto carente in noi occidentali) sia per quello molto intossicante pro-diabetico e proinfiammatorio delle farine bianche. La fibra sazia, stimola la peristalsi, previene fermentazioni e putrefazioni, arricchisce la flora microbica intestinale, protegge dalla diverticolosi e dal cancro al colon, abbassa l’indice glicemico di qualunque cibo, rimuove tossine dall’intestino e risolve qualsiasi problema di stipsi. Gli “zuccheri di tipo diverso” (dal fruttosio al mannitolo, dal maltosio allo sciroppo di glucosio)sono controproducenti: lo sciroppo di glucosio ha un indice glicemico più elevato del saccarosio (zucchero bianco) perciò non avrà alcun effetto positivo né dal punto di vista calorico né tanto meno sulla risposta insulinica. Sarebbe meglio usare al loro posto i concentrati di succo di mela o d’uva perché comprendono l’intero frutto e quindi, oltre al fruttosio, anche minerali e vitamine. La cosa peggiore da fare è sostituire i dolcificanti naturali o aggiunti di un prodotto con edulcoranti artificiali: aspartame, acesulfame, saccarina, ciclammati, steviosidi, non tanto perché sono ritenuti cancerogeni, ma per la loro capacità di indurre un segnale di ingrassamento. Le endocrine disruptors (squilibranti endocrini) quali zucchero, edulcoranti, grassi fritti o alterati, additivi e conservanti, non disturbano i centri cerebrali della sazietà che quindi bloccano la fame al momento giusto, prevenendo iperalimentazione e accumulo, mentre innescano quelli di reward (ricompensa) e ci spingono a ricercare compulsivamente nuovo cibo: il ripristino dei corretti impulsi ipotalamici attraverso un’induzione naturale di adipochine, enterochine e miochine può mettere fine a ciò. Praticare sport non comporta solo perdita di calorie, ma comunica al proprio organismo che si sta bene: l’ipotalamo, stimolato dall’adiponectina generata dal tessuto adiposo e dall’irisina sviluppata dal tessuto muscolare, farà seguire a questi input una serie di reazioni azionanti la massa muscolare (che crescerà in quantità e nella sua capacità di consumo), la ghiandola surrenale (umore alto, risposta allo stress, steroidi anabolizzanti e sessuali) e le gonadi (le ovaie con la produzione di estrogeni e i testicoli con quella di testosterone) con un forte incentivo all’attivazione metabolica, al dimagrimento e alla salute nel senso (psicofisico e sociale) più ampio del termine (così come definito dall’OMS). La sedentarietà porta a un rallentamento metabolico: senza movimento si può scendere di peso con una dieta di restrizione, perdendo però il tono muscolare. Anche le foodsensitivities, cause dell’infiammazione da cibo, un tempo definite intolleranze o ipersensibilità alimentari, sono segnali forti in grado di suscitare patologie. Oggi si può affermare con sicurezza che la flogosi dei tessuti e dell’organismo provoca impulsi interni che favoriscono una frenata del metabolismo, ovvero un potenziale aumento di peso. L’approccio della Medicina di Segnale di questo genere di malattie è correlato a una sistematica riduzione, mediante la micronutrizione con erbe medicinali, dell’infiammazione cronica alimentare. Quest’ultima comunica all’ipotalamo, per mezzo delle citochine comuni a tutti gli altri tipi di flogosi (e in particolare dell’adipochina chiamata resistina), che il ritmo vitale deve essere deceleratocon i conseguenti accumulo di maggiore grasso e rallentamentodell’attività tiroidea. La derivante resistenza insulinica stimola poi gli adipociti a secernere visfatina, un potente proinfiammatorio, causando un circolo vizioso. L’assunzione di sale e di zucchero (e in parte anche quella di grassi o di alcool e di altri nutrienti energetici concentrati) scatena nel nostro cervello una reazione di piacere paragonabile a quella di una droga o di un orgasmo con compulsione a ripetere il gesto. I cibi dolcificati (bibite gassate, gelati, cioccolato, caramelle, biscotti, brioche, marmellate, creme, dolciumi in genere) o pieni di sale (salumi, formaggi, crackers, pizze, focacce, patatine, salatini) risultano più graditi al palato rispetto agli alimenti il cui sapore è naturale. Il pancreas emette un’elevata quantità di insulina (che tiene sotto controllo la glicemia), il cui eccesso sconosciuto all’organo provocherà diversi danni: indirizzerà il surplus di zuccheri verso la costruzione di grassi, blinderà le cellule adipose impedendo loro di mobilizzare il proprio contenuto, causerà uno stato infiammatorio con la mediazione della visfatina ed esaurirà pian piano il pancreas fino a far insorgere il diabete. La Sindrome Metabolica (sindrome X, sindrome da insulino- resistenza) e stata definita “una costellazione di fattori di rischio, tra loro correlati, per malattie cardiovascolari e diabete” (SIGG). Si tratta, quindi, di una condizione clinica caratterizzata da più fattori predisponenti e reciprocamente ingravescenti in grado di aumentare significativamente, quando presenti, il rischio per malattie cardiovascolari, diabete e ictus. La diagnosi di Sindrome Metabolica (SM) prevede un corretto riconoscimento e inquadramento dei fattori di rischio che la compongono, vale a dire: alterato metabolismo glucidico e\o diabete mellito, obesità viscerale, dislipidemia, ipertensione arteriosa, danni d’organo. Secondo il National Cholesterol Education Program (NCEP) si pone diagnosi di sindrome metabolica in presenza di almeno 3 dei seguenti fattori di rischio: – obesità addominale (circonferenza vita ≥102 cm negli uomini e ≥80 cm nelle donne) -alterata regolazione della glicemia (glicemia a digiuno≥100 mg/dL) o pregressa diagnosi di diabete – trigliceridemia elevata (≥150 mg/dL) -colesterolemia HDL bassa (≤40 mg/dl negli uomini e ≤50 mg/dl nelle donne), rapporto LDL/HDL ≥ 2,5 -pressione arteriosa elevata (≥130/85 mmHg) o in trattamento antipertensivo |
apparato emuntorio apparato cardiovascolare |
azioni mirate al girovita, equilibrio del peso, metabolismo dei carboidrati, drenaggio dei liquidi, digestione dei grassi, eliminazione dei gas intestinali, anti-stanchezza da dieta, colesterolo, colesterolemia, obesità, sovrappeso, metabolismo lento, fame nervosa, dimagrire, LDL, HDL, sindrome metabolica |
garcinia
è ricca di acido idrossicitrico che inibisce competitivamente l’enzima ATPcitrato liasi, coinvolto nell’assoribimento dei grassi da parte dell’organismo. L’acido idrossicitrico inibisce inoltre le amilasi pancreatiche e le alfa-glicosidasi intestinali (rallentando quindi l’assimilazione degli amidi). Tra i benefici noti figurano anche l’aumento del senso di sazietà e l’aiuto a tenere sotto controllo trigliceridi e colesterolo. |
cordiceps sinensis
oro del Tibet Fungo raro e particolarissimo In Cina è utilizzato da millenni per disfunzioni sessuali, stanchezza cronica, depressione, nelle malattie respiratorie e renali, e come immunostimolante e antitumorale. In occidente è studiato, proprio per provarne tutte le vantate proprietà, da circa 20 anni. I suoi costituenti principali sono molto importanti anche dal punto vista nutrizionale. Contiene tutti gli aminoacidi essenziali, mono, oligosaccaridi e polisaccaridi, steroli (ergosterolo) vitamine E, B1, B2, B12, K e macro e microelementi. La Cordicepina è un importante nucleotide a forte capacità bioattivante, unico in natura. Da studi, anche “estremi” su topi, alla ricerca della tossicità di questo fungo è risultato che può essere utilizzato da tutti senza controindicazioni (tranne le classiche in gravidanza e allattamento). Dalla ricerca è stata evidenziata nel Cordyceps un’attività antidepressiva attraverso una modulazione dell’adrenalina e dopamina. Regolarizzando la produzione di neurotrasmettitori e dell’ormone deidroepiandrosterone, convalida l’azione “tonica” per cui è stato così ricercato; come tonico sessuale regola la produzione degli ormoni sia maschili che femminili, aumentando la libido. Aumenta, utilissimo per gli atleti, la resistenza agli sforzi fisici, con incremento della produzione di ATP e ossigenazione dei tessuti senza avere effetti dopanti. Nella sindrome metabolica, nel diabete di tipo 2, regolarizza la glicemia e favorisce l’aumento dell’insulina. viene evidenziato anche un miglioramento dell’assetto lipidico, della situazione cardiaca, un effetto epatoprotettivo su danni da tossine, e miglioramento degli stati cirrotici e steatosi epatica. Alcuni nucleosidi di questo fungo assieme ai polisaccaridi hanno un’azione inibente la replicazione virale studiata sul virus dell’epatite B e C e HIV. Si ha una diminuzione della carica virale, aumento dei linfociti CD4, delle cellule Natural Killer, delle immunoglobuline e chiaramente l’effetto epatoprotettivo caratteristico di questo fungo non può che potenziare l’azione curativa. Il Cordyceps espleta un’azione di regolazione sul sistema neuro-endocrino. Stimola la secrezione degli ormoni della corteccia surrenale e sostiene il circuito di regolazione ipofisariosurrenale. Una parte di questo effetto va attribuita al triptofano, il precursore della “serotonina”. Ha un effetto inibitorio sull’enzima monoamminossidasi (MAO). A livello renale ne migliora la funzionalità. A livello epatico ha il potere di rallentare la fibrosi tessutale, per cui è utilissimo nelle epatopatie alcoliche e nelle cirrosi. A livello genitourinario incrementa la potenza sessuale aumentando la produzione di testosterone. Migliora inoltre la libido in entrambi i sessi ed è un regolatore del ciclo sessuale femminile. Nei giovani migliora le capacità di concentrazione, mentre nell’anziano aiuta in caso di astenia e depressione migliorando la qualità del sonno. Utile anche negli sportivi in quanto aumenta l’energia e il rendimento muscolare contrastando anche la stanchezza e l’accumulo di acido lattico. Come per gli altri funghi qui trattati anche il Cordyceps ha evidenziato effetti protettivi da danni tossici, chimici, xeno biotici. Studi sono stati eseguiti sul miglioramento degli effetti dei chemioterapici sul midollo osseo, che su un fronte viene stimolato a produrre leucociti, dall’altro si ha l’incremento di tessuto osseo, sembra con un’azione protettiva sul processo dell’emopoiesi. Questo fungo “miracoloso” è consigliato agli astenici, agli ansiosi, ai malati anche con grandi disfunzioni epatiche, agli atleti, nei casi di impotenza, diminuzione della libido e durante chemio e radioterapia per attenuarne gli effetti collaterali. |
acini uva
In questo studio clinico randomizzato in doppio cieco, controllato con placebo sono stati valutati gli effetti della supplementazione dell’estratto di semi d’uva (GSE) e il suo ruolo come potenziale moderatore di infiammazione e obesità. In particolare è stata presa in esame la supplementazione di questo estratto, assunto in associazione a una dieta ipocalorica, sui valori dei lipidi ematici, sull’indice di grasso viscerale (VAI) e sull’indice di aterogenicità del plasma (AIP). Quaranta individui obesi o in sovrappeso sono stati assegnati in modo casuale a due gruppi e hanno ricevuto rispettivamente un estratto di semi d’uva oppure una sostanza placebo, in associazione a una dieta ipocalorica per 12 settimane. Sono stati valutati misure antropometriche, marcatori biochimici nonché la dieta nel periodo di sperimentazione rilevando i seguenti risultati. I livelli di colesterolo LDL hanno avuto una riduzione significativa dopo l’integrazione con GSE rispetto al placebo (p = 0,04). Nel gruppo GSE sono diminuiti anche il colesterolo totale, il livello di trigliceridi, il grasso viscerale, l’indice di aterogenicità del plasma. Gli autori di questo trial hanno concluso che la supplementazione con estratto di semi d’uva può svolgere un ruolo modulatorio e migliorare il profilo lipidico di individui obesi o in sovrappeso, se associata a una dieta ipocalorica. |
caffè verde
Gli studi condotti hanno documentato un calo del BMI, ma anche della percentuale di massa grassa dell’organismo. I meccanismi d’azione non sono ben noti, ma si ritiene che tali risultati si siano ottenuti soprattutto grazie all’azione dell’acido clorogenico e dell’acido caffeico, che pare possano inibire l’amilasi pancreatica. Questo tipo di attività ovviamente può comportare una riduzione dell’assorbimento del glucosio con conseguente ridotta escursione insulinemica. Si è anche ipotizzata una inibizione della lipasi pancreatica, con conseguente ridotto assorbimento intestinale di lipidi, e della lipoprotein lipasi, enzima in grado di idrolizzare i trigliceridi contenuti nelle lipoproteine circolanti, liberando due acidi grassi liberi e una molecola di acilglicerolo |
fucus
ricca di iodio e di selenio (per una corretta funzionalità della tiroide), di fibra insolubile e di alginati (per indurre una forte sensazione di sazietà) e di fucoxantina. L’azione sinergica dei suoi fitocomposti sembra dunque particolarmente idonea al dimagrimento. La fucoxantina è un carotenoide che favorisce una riduzione delle riserve adipose attraverso l’attivazione della termogenina, che è tecnicamente una UCP (proteina disaccoppiante). Le UCP contribuiscono a smaltire le riserve di grasso sotto forma di calore rendendo meno efficiente (più sprecona) la trasformazione dell’energia, assunta col cibo, in ATP (energia utilizzabile per fare scorte). Ancora una volta scopriamo come ogni pianta, seppur scelta per una sua singola caratteristica (drenaggio, apporto di iodio o di enzimi) risulti poi efficace su molti altri piani come antiossidante, antiaging, ricostituente lipidico ecc. Un eccellente motivo per studiare sempre più a fondo l’utilizzo dei prodotti fitoterapici di cui madre natura ci ha fatto gratuitamente dono. |
tarasacco
La pianta favorisce la funzionalità epatica e biliare (azione colagoga e coleretica): clinicamente trova indicazione nelle alterazioni del flusso biliare, nel trattamento della disappetenza e nei disturbi dispeptici quali senso di pienezza, disturbi digestivi e flatulenza (azione amaro-tonica) e nel favorire la diuresi. Esercita anche attività ipocolesterolemizzante, azione dovuta molto probabilmente al comparto flavonico. Uno studio pubblicato ha segnalato come estratti di foglie di Tarassaco siano in grado di sopprimere significativamente l’accumulo di lipidi nel fegato e di ridurre l’insulino-resistenza nella cavia che presenta steatosi epatica a causa di una dieta ad alto contenuto di grassi.14 Avvertenze: verificare che non vi sia allergia alle Asteraceae. In caso di calcolosi delle vie biliari la sua assunzione deve avvenire soltanto su indicazione medica. |
fumaria
Pianta ad azione anfocoleretica, in grado cioè di aumentare il flusso biliare insufficiente o di frenarlo quando è eccessivo. Grazie a tali proprietà regolatrici del flusso biliare può risultare efficace, per esempio, nei confronti delle emicranie cosiddette “epatiche”, spesso sostenute da cattive abitudini alimentari e da discinesia delle vie biliari. |
cacao
Nella revisione sistematica di Ding e colleghi su studi sperimentali, osservazionali e clinici, gli autori hanno concluso che il corpo degli studi sull’alimentazione randomizzata a breve termine ha mostrato un’associazione tra consumo di cioccolato ed effetti antinfiammatori e antipiastrinici, livelli di HDL più elevati e ha diminuito l’ossidazione delle LDL, mentre gli studi sull’acido stearico hanno dimostrato che è neutro per il colesterolo. Questi ultimi studi sono stati tuttavia viziati da molti limiti metodologici (Ding et al. 2006). La revisione sistematica e la meta-analisi di Shrime e colleghi hanno scoperto che il consumo di cioccolato era associato a una diminuzione del C-LDL e a un aumento del C-HDL, mentre i livelli sierici di colesterolo totale, trigliceridi e proteina C-reattiva sono rimasti gli stessi (Shrime et al. 2011). Hooper e colleghi, tuttavia, hanno riscontrato effetti solo marginalmente significativi su LDL-C e HDL-C, e hanno notato che la forza dell’evidenza è stata ridotta a causa di rapporti poco chiari per occultamento dell’allocazione, abbandoni, dati mancanti sui risultati ed eterogeneità nei risultati dei biomarcatori in alcuni studi (Hooper et al. 2012). Una revisione del 2014 suggerisce che i polifenoli del cacao regolano il metabolismo dei lipidi regolando l’espressione dei geni coinvolti nel metabolismo energetico, come il gene AdipoQ, possibilmente attivando fattori di trascrizione (NF-kB, AP-1) e recettori nucleari (PPARγ, LXR) (Ali, Ismail, Kersten 2014). È stato confermato in una serie di meta-analisi che l’acido stearico è un tipo di grasso saturo non aterogenico, poiché non aumenta LDL-C o colesterolo totale, mentre ci sono prove contrastanti sugli effetti su HDL- C e lipoproteina A, e sulla coagulazione e la trombosi (Ding et al. 2006). Non si sa perché il burro di cacao debba essere non aterogenico, ma è stato proposto che ciò sia dovuto alla sua complessa struttura chimica: quasi tutto l’acido stearico nel burro di cacao è presente come triacilglicerolo simmetrico, una caratteristica strutturale che ne rallenta l’assorbimento intestinale, riducendo così gli effetti dislipidemici. È stato anche proposto che vi sia una trasformazione in vivo relativamente elevata dell’acido stearico in acido oleico mono-saturo, considerato ipocolesterolemizzante e cardioprotettivo (Rimbach et al. 2011). Dato che la stragrande maggioranza degli studi mostra che l’acido stearico ha effetti benefici o neutri sulla pressione arteriosa e non influisce negativamente sui tradizionali fattori di rischio lipidici stabiliti, sembra improbabile che possa influire negativamente sul rischio di CVD. Va sottolineato che in un primo studio l’acido stearico ha abbassato il colesterolo in uomini sani quando usato in sostituzione dell’acido miristico dal burro di latte, ma non sembra ridurre il colesterolo in termini assoluti. A causa di questi risultati si può concludere preliminarmente che mentre l’acido stearico è migliore di altri grassi saturi, non ci sono prove concrete di una riduzione del rischio di CVD correlata al consumo del solo burro di cacao. Effetti sull’aggregazione piastrinica Secondo Ding e colleghi i polifenoli del cacao, e in particolare la catechina e l’epicatechina, hanno mostrato in vitro effetti anti-piastrinici quantitativamente simili a quelli dell’aspirina (Ding et al. 2006). Il cacao ricco di polifenoli ha ridotto i marcatori per l’aggregazione piastrinica (glicoproteina legante il fibrinogeno IIb-IIIa) (Rein et al. 2000) e cacao ricco di polifenoli hanno causato vasodilatazione coronarica, miglioramento della vasomozione coronarica e diminuzione dell’adesione piastrinica, tutti effetti che erano correlati con il contenuto sierico nell’epicatechina (Flammer et al. 2007). |
gymnema
Componenti ad azione ipoglicemizzante: acidi gymnemici presenti nelle foglie come sale di potassio (gymnemina), si tratta in effetti di una miscela di almeno nove acidi glicosidici a struttura molto simile il cui componente più attivo risulta essere l’ac. gymnemico A1. Proprietà: il principio attivo della gymnema svolge la sua azione ipoglicemizzante attraverso due meccanismi principali: 1) inibizione dell’assorbimento degli zuccheri a livello intestinale; 2) aumentata trasformazione metabolica del glucosio a livello cellulare. Gli studi compiuti in Giappone dal dr. Hatai e in USA dal dr. Faull hanno dimostrato che l’ac. gymnemico possiede una molecola simile a quella dello zucchero, ma più grossa, per cui si lega ai recettori intestinali adibiti all’assorbimento del saccarosio bloccandoli reversibilmente. Tale blocco si instaura velocemente e permane per molte ore soprattutto se le dosi sono ripetute nell’arco della giornata, impedendo per il 50% l’assorbimento dello zucchero. Lo stesso legame si instaura a livello delle papille gustative infatti, mettendo sulla lingua una piccola quantità di gymnema, entro pochi istanti viene annullata la percezione del dolce e dell’amaro (lasciando inalterata invece la percezione del gusto salato, acido e metallico). |
cumino
L’estratto di cumino nero è stato testato in vari studi clinici su alcuni indici antropometrici dell’obesità degli adulti: peso corporeo, indice di massa corporea (BMI) e circonferenza della vita. Una metanalisi mostra che esistono degli effetti statisticamente significativi sul peso corporeo e su BMI negli adulti, mentre l’effetto sulla circonferenza della vita non è stato significativo (Mousavi et al. 2018). Una seconda metanalisi trova, invece, un dato statisticamente significativo anche per l’effetto sulla circonferenza della vita, anche se dichiara che, a causa dell’elevata eterogeneità dei dati per il peso corporeo e il numero limitato di studi di alta qualità, i risultati devono essere presi con cautela (Namazi et al. 2018). I dati clinici suggeriscono pertanto un effetto moderato dei SNS su peso corporeo e BMI, e forse anche su circonferenza vita, ma le evidenze non sono ancora completamente soddisfacenti. La somministrazione di cumino nero e varie sue preparazioni hanno un impatto positivo sulle dislipidemie. Nello specifico essi hanno un significativo impatto sulle concentrazioni lipidiche plasmatiche, con conseguente riduzione del colesterolo totale, LDL-C, e dei livelli di trigliceridi, mentre l’aumento del colesterolo HDL è meno certo (bassa significatività statistica) e associato solo all’assunzione di polvere di semi. Gli effetti potrebbero essere attribuiti all’inibizione dell’assorbimento intestinale di colesterolo, riduzione della sintesi epatica di colesterolo e up-regolazione dei recettori LDL. Complessivamente questi dati suggeriscono che i SNS siano una terapia promettente per i pazienti dislipidemici (Asgary et al. 2015; Sahebkar et al. 2016). I semi di cumino nero e i loro derivati sono stati testati anche per attività antimicrobica, antispasmodica, anticonvulsiva, antielmintica e analgesica. |
guggul
Viste queste proprietà è indicata per ridurre i rischi di ipercolesterolemia, aterosclerosi e ipertrigliceridemia. Proprietà farmacodinamiche sono quella antinfiammatoria, antireumatica e sembra stimolante l’attività tiroidea. Si ritiene che la componente maggiormente bioattiva sia il guggulsterone; l’azione ipolipemizzante è attribuita all’antagonismo del recettore X farnesoide. contiene vari principi attivi con attività ipolipemizzante e antinfiammatoria. L’azione ipocolesterolemizzante, ipolipidemizzante, seppur clinicamente riconosciuta da vari studi, sembra si caratterizzi per interferire sul metabolismo lipidico attraverso varie vie, tipici effetti del fitocomplesso delle piante: inibendo la biosintesi epatica del colesterolo, riducendo i livelli ematici di colesterolo e trigliceridi e stimolando la captazione delle VLDL e LDL nel fegato, aumentando le escrezioni biliari del colesterolo e aumentando le HDL. A livello intestinale si ha riduzione di parte dei grassi assunti dall’alimentazione. Viene inoltre diminuita la viscosità del sangue, attività fibrinolitica antiaterosclerotica. Studi clinici randomizzati hanno, dopo 8 settimane di trattamento, evidenziato un abbassamento del colesterolo totale dal 10% fino al 27% e su tre studi uno ha dimostrato anche un aumento delle HDL. |
griffonia
Può rivelarsi utile soprattutto per attenuare i classici sintomi della sindrome di astinenza da nicotina quali fame nervosa, ansia e cefalea, favorendo un maggiore rilassamento fisico e mentale, migliorando l’umore del soggetto e riducendone i livelli di stress; in parallelo alza i livelli di melatonina (derivante a livello biosintetico, al pari della serotonina, dal triptofano) e di conseguenza la qualità del sonno notturno ne risente favorevolmente. Fornire integratori a base di Griffonia si traduce in primis in una supplementazione di un diretto precursore della serotonina, contrastando sin dall’inizio le alterazioni nella sua sintesi provocate dall’esposizione cronica al fumo di tabacco. Gli effetti psicofarmacologici della nicotina sono da anni al centro degli studi condotti da un ricercatore scozzese, David JK Balfour dell’Università di Dundee, il quale ha messo in evidenza come la nicotina stimoli il rilascio di serotonina solo nel breve periodo di esposizione per poi condurre, nel corso di un periodo prolungato, a un suo netto decremento fisiologico. |
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