n 15

L’uomo viene considerato nella sua totalità, le malattie di cui è vittima si sviluppano su un corpo reso fragile dal rallentamento degli organi di eliminazione (gli emuntori), dall’accumulo di materie tossiche o di rifiuto e di metaboliti mal degradati. Il drenaggio è una tecnica che permette l’espulsione delle tossine (comprese quelle prodotte dal metabolismo) e delle sostanze introdotte con i farmaci e con l’alimentazione (metalli pesanti, additivi e conservanti alimentari, veleni chimici, pesticidi agricoli) attraverso gli emuntori naturali (fegato, reni, intestino e pelle) che venendo stimolati debolmente aumentano la diuresi, la coleresi, il transito intestinale e la secrezione delle ghiandole sudoripare. Far defluire i liquidi ha lo scopo di permettere all’organismo di ritornare allo stato di salute e di porlo nelle condizioni migliori per recuperare un equilibrio alterato. Questo procedimento avviene attraverso la diminuzione del carico nocivo endogeno spronando le funzioni fisiologiche globali di depurazione e determina un’azione disintossicante profonda a livello di terreno (l’insieme dei fattori costituzionali e acquisiti che preesistono alla comparsa della patologia e che possono favorirne l’insorgenza e la prognosi). La pratica viene effettuata almeno 2-3 volte l’anno per cicli di 21 giorni, in fase pre, intra e post terapeutica: rispettivamente prima, durante e dopo la cura. Il primo non dovrà superare le due settimane, viene attuato in preparazione al trattamento (farmacologico, chirurgico, riabilitativo) e serve a stimolare delicatamente l’organo (o apparato) che andremo a guarire o il filtro epato-renale. Il secondo ha necessità di ordine clinico e potrà servire non solo a limitare i possibili effetti collaterali, ma a potenziare la risposta dell’organismo alla terapia. Il terzo verrà eseguito per due-tre settimane al massimo. Il drenaggio viene svolto per i calcoli alla colecisti non impattati (sotto controllo dello specialista), colecistite moderata (infezione alla cistifellea), iperbilirubinemia coniugata da colelitiasi (ittero dovuto a una minore escrezione della bilirubina unita tramite i dotti biliari). Dato che un ridotto flusso biliare causa un insufficiente assorbimento di grassi e vitamine A, B, D, ed E, una scarsa escrezione di metaboliti dannosi e un eccesso di sali biliari depositato sotto pelle, far defluire i liquidi può essere utile in
• Acne rosacea e malattie croniche della pelle
• Stipsi (non spastica e non rispondente a misure convenzionali)
• Emicrania
• Malattie infiammatorie dell’intestino
• Condizioni di disbiosi intestinale
• Disordini autoimmuni, specialmente se associati a disturbi sopra menzionati
• Problemi ‘biliosi’, ovvero pesantezza all’epigastrio, nausea, sensibilità a grassi e alcol
• Condizioni ‘tossiche’, con congestione intestinale, specialmente in associazione a malattie cutanee e autoimmuni
• Coadiuvanti in caso di epatiti virali e di altro tipo, e sequele
• Effetti avversi da consumo di alcol ed eccesso di grassi
• Esposizione a inquinanti industriali in anticipazione o in parallelo alla prescrizione di farmaci molto potenti
• Indicazioni tradizionali quali molti disordini dermatologici, enterici e intestinali, reumatici, catarrali e disturbi infiammatori cronici
Nel soggetto artrosico l’attivazione del metabolismo generale si ripercuoterà anche sul ricambio del tessuto connettivo determinando un beneficio a livello della funzionalità articolare (miglioramento del trofismo locale) e una minore tendenza a nuovi attacchi. La cura naturale per fortificare la colecisti passa attraverso la dieta e l’alimentazione che dovranno essere sobrie e non andare a sovraccaricarne il lavoro. Meglio consumare cibi ricchi di fibre: verdura (foglie di tarassaco, barbabietole, carciofi, cardo, tarassaco, camomilla, menta, rafano, boldo, rosmarino, salvia), frutta, cereali integrali, crusca d’avena, alimenti ricchi di manganese-cobalto (aglio, tè verde, tè nero, Brassicaceae, peperoncino.)


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apparato emuntorio
apparato gastroenterico
Drenaggio indifferenziato o di terreno, Drenaggio pre-terapeutico, Drenaggio intra-terapeutico, Drenaggio post-terapeutico, drenaggio dei fluidi, accumuli di muco a livello gastro-intestinale, diarrea, scarsa reattività immunitaria, disintossicazione dell’organismo, ritenzione idrica, cellulite edematosa, disintossicazione da tossine esogene ed endogene,  Calcoli alla colecisti, Colecistite moderata (infezione alla cistifellea), Iperbilirubinemia coniugata da colelitiasi, epatiti virali, tumore epatico, disfunzioni epatiche, Epatite acuta e cronica, Avvelenamento acuto e cronico da epatotossine, Cirrosi, patologie epatiche, Calcoli alla colecisti, Colecistite moderata, infezione alla cistifellea, Iperbilirubinemia, Detossicazione epatica, Steatosi epatica non alcolica (NAFLD), Fegato appesantito

cardo mariano

Silimarina, la protettrice del fegato
La capacità di protezione delle cellule epatiche, però,
si suppone sia conseguente anche ad altri princìpi attivi presenti nel fitocomplesso quali la silandrina e la
silimonina. I meccanismi d’azione attribuiti all’azione
epatoprotettrice e rigenerante epatocitica seguono
differenti processi biochimici e cellulari: aumento
della resistenza dell’epatocita e stabilizzazione della
membrana cellulare e lisosomiale, azione radical scavenger
antiossidante, inibizione della sintesi dei leucotrieni
(LTB4) ed effetto antinfiammatorio e antifibrotico,
accelerazione della rigenerazione epatica e
stimolo della biosintesi proteica con stimolo dell’RNA
polimerasi (Firenzuoli, 2009).
Tali effetti sono stati dimostrati in numerosi studi preclinici
di laboratorio, al punto da far definire l’estratto
del cardo mariano come un prezioso sostegno del fegato
nelle situazioni di intossicazioni (alcool, farmaci,
tossine). Un esempio è l’antagonismo dimostrato verso
l’alfa amanitina e la phalloidina dell’Amanita phalloides,
fungo dalla tossicità letale. Altra via d’azione
nel prevenire l’intossicazione è l’inibizione dell’uptake
epatico di differenti sostanze tossiche, tra cui la
stessa amantinina e altre come il tetracloruro di carbonio,
rifampicina e acido fusico (Firenzuoli, 2018).
Gli studi clinici, invece, non hanno la medesima ricchezza
e affidabilità. Una revisione della letteratura
del 2007 della Cochrane Collaboration riporta a proposito
che tre quarti degli studi clinici sull’utilizzo
della silimarina sono di bassa qualità e quindi poco
significativi. Il restante quarto degli studi strutturati
in maniera adeguata, invece, non dimostra miglioramenti
con l’utilizzo del principio attivo del cardo
(Rambaldi, 2007).
Una ricercatrice dell’Università di Jodhpur osserva
che probabilmente il cardo mariano non cura direttamente
il danno epatico, ma migliora la capacità del
fegato di reagire alla cirrosi (Kaur, 2011).
I risultati preclinici su cavia sono stati comunque così
rilevanti che, anche in mancanza di definitive conclusioni
da trial clinici, l’estratto standardizzato di silimarina
da cardo mariano è approvato dalla
Commissione E tedesca e dall’OMS per il trattamento
delle intossicazioni epatiche e come coadiuvante nelle
epatiti e nelle cirrosi epatiche. La sua registrazione
come medicinale fitoterapico riporta tra le indicazioni
in maniera esplicita il trattamento delle intossicazioni
da chemioterapici, oltre che da alcool, da psicofarmaci
e da paracetamolo (Campanini, 2012; Monografie
OMS 2° vol., 2002; Firenzuoli, 2018).
Una recente review iraniana pubblicata nel 2020 sul
Journal of Drug and Chemical Toxicology aggiorna
i risultati sull’effetto di protezione del cardo nei confronti
delle varie sostanze tossiche. Gli autori riportano
che l’effetto epatoprotettore si manifesta con un
grado differente verso tossine biologiche (micotossine,
veleni di serpenti e tossine batteriche) e chimiche
(metalli, pesticidi e agenti tossici epatici, neurologici
e cardiaci). I meccanismi alla base di tale effetto anti-
tossico riassunti dall’equipe di Sahar Fanoudi sono:
radical scavenging, antiossidante, chelante, antiapoptosi
e regolatore della risposta infiammatoria
(Fanoudi, 2020).
i cui principi attivi manifestano un’attività epatoprotettrice
e un’azione rigeneratrice a livello della cellula epatica
(epatocita) grazie all’azione specifica della silimarina
che inibisce la formazione di molecole infiammatorie;
 Con il suo utilizzo si ottiene una coleresi dolce
e una stimolazione delle difese dell’organismo in grado
di favorire sensibilmente il processo di rigenerazione del
parenchima epatico. Le proprietà amaro-tonico-coleretiche
del fitocomplesso possono contribuire inoltre a migliorare
i processi digestivi (proprietà antidispeptiche) e disintossicanti
in senso lato.
I suoi acheni contengono numerosi flavonolignani, silibinina
e altri, dotati di molteplici attività sulla
fisiologia degli epatociti.
Inizialmente indagati per la loro azione antiossidante,
in particolare nei confronti
dell’ossidazione lipidica, si sono poi scoperti
anche altri meccanismi protettivi
legati alla stabilizzazione
delle membrane cellulari, all’inibizione
dell’attivazione di geni pro-infiammatori e della
liberazione di citochine e di altri mediatori
implicati nell’evoluzione dell’infiammazione
dei tessuti epatici.
Tale potere di protezione del tessuto epatico è sfruttato
anche in oncologia per la prevenzione del danno
epatico da chemioterapici. È una pianta sicura da utilizzare
anche in campo oncologico in quanto non presenta
interazioni con i chemioterapici e ne potrebbe
potenziare l’efficacia. Sono state, inoltre, ipotizzate
azioni chemiopreventive nei confronti dei tumori di
colon-retto, prostata e pelle (Firenzuoli, 2018; Katiyar,
2005; Kaur, 2011). Altre possibili azioni di Silybum
marianum sono lo stimolo della produzione di interleuchine
da parte dei linfociti (Bruneton, 2009) e
la diminuzione della glicemia tramite riduzione della
resistenza insulinica (Huseini, 2006).
Il cardo mariano è una pianta sicura senza effetti avversi
importanti che sembra compatibile anche in gravidanza
e allattamento (Campanini, 2012; Mills, 2013).
Precauzione è dovuta in pazienti con calcolosi biliare
onde evitare l’ostruzione biliare e nelle pazienti con
storia di tumori estrogeno sensibili, soprattutto per le
terapie di lunga durata (Firenzuoli, 2018).

menta

Il primo gradino del podio per efficacia comprovata nella fitoterapia del colon irritabile lo merita la Mentha x piperita che le monografie ESCOP (European Scientific Cooperative on Phytotherapy). Gli effetti benefici sono legati all’effetto dei mono- e sesquiterpeni e all’azione sul recettore TRPM8 situato sulla membrana cellulare dei neuroni sensitivi distali in grado di indurre un effetto spasmolitico sulla muscolatura liscia dell’intestino. I trials clinici ne hanno valutato l’efficacia nei differenti sottotipi di IBS per un periodo da 4 a 8 settimane ottenendo un miglioramento della gravità della patologia, dei sintomi addominali associati e della qualità della vita rispetto al placebo. Gli effetti non permanevano una volta sospesa la terapia. Importante la cautela nelle prescrizioni in soggetti gastrosensibili, nei bambini di età inferiore ai 6 anni e durante la gravidanza e l’allattamento. Ai dosaggi terapeutici e veicolati da capsule gastroresistenti gli effetti collaterali non sono dimostrati efficacemente, la controindicazione quindi è spesso solo precauzionale. A sostegno di ciò la menta risulta raccomandato anche dall’American Academy of Pediatricians. 

carciofo

Le foglie caulinari manifestano proprieta epatotrope,
colagoghe, coleretiche e ipocolesterolemizzanti. L’European
Scientific Cooperative on Phytotherapy (ESCOP)
ritiene che il carciofo possa essere un valido adiuvante
in un regime povero in grassi per ridurre l’ipercolesterolemia
lieve o moderata. Agisce, infatti, sul metabolismo
lipidico diminuendo la produzione di colesterolo
e di trigliceridi endogeni e aumentandone l’escrezione
o la ridistribuzione nei depositi naturali. Questi effetti
sarebbero da attribuire alla cinarina e all’acido caffeico;
la luteolina presente nel fitocomplesso della pianta contribuirebbe,
inoltre, a inibire la sintesi del colesterolo,
in particolare del colesterolo LDL. Il Carciofo, come regolatore del flusso biliare, si rende prezioso nelle turbe epato-biliari ove può alleviare la sintomatologia: cattiva digestione, cefalea, stipsi, astenia, difficoltà di concentrazione ecc. Manifesta inoltre un’importante e documentata attività antiepatotossica. Il Carciofo è un rimedio da sempre utilizzato nella medicina tradizionale mediterranea
come regolatore dell’attività gastrointestinale, digestivo, eupeptico e drenante epato-renale di grande importanza. Il suo utilizzo nella terapia del colon irritabile trova fondamento nelle sue proprietà di regolazione della motilità gastrointestinale mediate dalle proprietà del fitocomplesso in toto più che dalle sole molecole attive (quale la cinarina) come si legge nel Dizionario di Fitoterapia e Piante Medicinali della Campanini. Le ricerche a disposizione nei pazienti affetti da IBS, nonostante provengano da studi di sorveglianza post-marketing del rimedio, danno risultati interessanti evidenziando normalizzazione della motilità gastrointestinale, riduzione del gonfiore addominale diminuzione del dolore crampi forme. Come per il mentolo l’effetto non si mantiene dopo la sospensione del rimedio a base di estratto di carciofo.
Altri effetti interessanti del carciofo validati scientificamente e da tenere in considerazione nella prescrizione sono quello coleretico e ipocolesterolemizzante. Controindicazioni nei soggetti con colelitiasi sono ancora dubbie e variano a seconda
dell’autore di riferimento. Firenzuoli nel suo Fitoterapia, Guida all’uso clinico delle piante medicinali, sostiene che “Non sono mai state descritte coliche biliari da uso di carciofo”. Secondo la Commissione E tedesca la cautela è necessaria e l’assunzione in soggetti con colelitiasi deve essere fatta sotto
controllo medico. Recenti studi hanno
segnalato come un estratto di foglie di carciofo si sia dimostrato efficace nell’aumentare
le lipoproeteine ad alta densita (HDL, il colesterolo
buono) mentre ha diminuito il colesterolo totale e le
lipoproteine a bassa densita (LDL, colesterolo cattivo)
in soggetti con lieve ipercolesterolemia. Viene evidenziato,
inoltre, come nei soggetti in sovrappeso le foglie
di carciofo contribuiscano a ridurre la glicemia basale
e a migliorare i valori dei lipidi ematici.

pilosella

proprietà diuretiche,
ma anche antinfiammatorie e antibiotiche.
Uno dei suoi componenti più conosciuti è l’umbelliferone,
un composto cumarinico dotato di
potenzialità antibiotiche. Le proprietà diuretiche e
drenanti della pilosella, attribuibili principalmente
ai flavonoidi (luteoloside), sono note. Meno nota,
ma altrettanto preziosa, la sua utilità in presenza di
calcoli. Il luteoloside agisce a livello renale, inibendo
il riassorbimento di ioni sodio e calcio, e aumentando
così le quantità di urina prodotte. Si è vista
un’azione preventiva anche sulla gotta. Grazie al
luteoloside la pilosella è in grado di rimuovere l’accumulo
di liquidi che generano edemi e gonfiori in
tutto il corpo. Promuovendo la diuresi, la pilosella
è utile anche in presenza di infezioni urinarie, quali
cistiti e uretriti, perché facilita l’eliminazione dei patogeni
con le urine.
Alla pilosella è riconosciuta anche la capacità di
promuovere l’escrezione e il deflusso della bile (possiede
un’azione coleretica – stimolo alla produzione
– e colagoga – stimolo alla secrezione), che contribuisce
alla detossificazione epatica. Vediamo dunque
come una sola pianta riesca contemporaneamente
ad agire su più patologie (ritenzione idrica, fegato,
SIBO), tutte però presenti nel tipo “arancia”.
L’azione integrata della pianta intera agisce su più
fattori e non sarà mai sostituibile da un solo principio
attivo.

parietaria

La pianta viene utilizzata fin dall’antichità nel trattamento della calcolosi renale e della
renella. La parietaria si caratterizza per le proprietà diuretiche, antiflogistiche e lenitive.
Con il suo impiego verrebbe favorita l’eliminazione dei cloruri, dell’urea e, in generale,
dei cataboliti: come tale rientra anche nella composizione di preparati depurativi
contro la renella e i disturbi infiammatori
e dolorosi delle vie urinarie, emerge la cosiddetta
‘spaccapietra’. consigliata
come diuretico in
caso di calcolosi renale.
Come dimostra
un recente lavoro pubblicato sulla
rivista scientifica Plos One da un gruppo
di ricercatori dell’Università di
Urbino, I risultati confermano
che la Cedracca è in grado
di ridurre in vitro la cristallizzazione
dell’ossalato
di calcio e la morfologia
dei cristalli. L’azione
inibitoria è stata osservata soprattutto rispetto
alla crescita e all’aggregazione dell’ossalato di
calcio monoidrato, sostituito dall’aumento della formazione
di ossalato di calcio diidrato: meno pericoloso in
quanto meno affine con le cellule tubulari renali. Il decotto
di questa erba potrebbe rappresentare una interessante
terapia naturale per il trattamento dell’urolitiasi.

cumino nero

Una metanalisi sul recupero dalle lesioni epatiche ha
rilevato che il TC (timo chinone da cumino nero) ha forti effetti antiossidanti, antinfiammatori,
antifibrotici, anti/proapoptotici e anticarcinogeni,
e non causa quasi nessun effetto collaterale
in un ampio intervallo di dosi, suggerendo un’ampia
finestra terapeutica (Tekbas et al. 2018). Un possibile
meccanismo epatoprotettivo passerebbe dall’effetto
che il TC ha su un fattore di trascrizione nucleare
molto importante come NF-κβ, un complesso proteico
funzionante come fattore di trascrizione (Noorbakhsh
et al. 2018).
In uno studio clinico randomizzato in doppio cieco su
120 (60+60) soggetti con steatosi epatica, la somministrazione
di olio di SNS per tre mesi
ha ridotto significativamente il grado di steatosi epatica
rispetto al placebo, mentre le modificazioni, sempre in
positivo, di altri parametri (livelli ematici di trigliceridi,
LDL-C, HDL-C, ALT, AST) non hanno raggiunto la significatività
statistica. Nessun effetto collaterale di nota
(Khonche et al. 2019).
In uno studio case-control su 70 soggetti con steatosi
epatica, la somministrazione di olio di SNS due volte al giorno per tre mesi ha migliorato in maniera
statisticamente significativa gli indici di peso corporeo,
BMI, gli enzimi epatici e l’ecografia del fegato grasso (il
57,14% dei pazienti ha avuto una normale classificazione
del fegato) (Hussain et al. 2017).
Sebbene gli studi sperimentali e i pochi studi clinici abbiano
indicato gli effetti benefici del TC contro le malattie
del fegato, sono necessari più studi clinici e di maggior
qualità per confermarne la sicurezza e l’efficacia.
Possiamo concludere che l’olio di SNS e il TC sembrano
sicuri e in grado di migliorare i parametri biochimici
ed epatici (trigliceridi, LDL-C e HDL-C), e le lesioni
nei pazienti con steatosi epatica. Si raccomanda
il loro utilizzo nelle prime fasi della patologia al fine di
prevenire complicanze.

curcuma

Azione coleretica e colagoga e quindi favorevole per
contenere i livelli ematici del colesterolo totale. Segnalate
anche proprietà antiossidanti che contribuirebbero a
un effetto protettivo nei confronti delle malattie associate
allo stress ossidativo come le malattie degenerative,
cardiovascolari e la malattia di Alzheimer. La curcumina
(principio attivo), in un piccolo studio controllato
condotto su individui adulti (40-60 anni), ha dimostrato,
fra gli altri, effetti benefici sui livelli di trigliceridi (“un
abbassamento statisticamente significativo”). “La curcuma
e curcuminoidi hanno effetti epatoprotettivi nei
confronti del danno epatico indotto da varie tossine. La curcuma ha anche attività ipoglicemizzante nell’animale
da esperimento.”

fumaria

Pianta ad azione anfocoleretica, in grado cioè di aumentare il flusso biliare insufficiente o di frenarlo quando è eccessivo. Grazie a tali proprietà regolatrici del flusso biliare può risultare efficace, per esempio, nei confronti delle emicranie cosiddette “epatiche”, spesso sostenute da cattive abitudini alimentari e da discinesia delle vie biliari.

tarassaco

La pianta favorisce la funzionalità epatica e biliare
(azione colagoga e coleretica): clinicamente trova indicazione
nelle alterazioni del flusso biliare, nel trattamento
della disappetenza e nei disturbi dispeptici quali
senso di pienezza, disturbi digestivi e flatulenza (azione
amaro-tonica) e nel favorire la diuresi. Esercita anche
attività ipocolesterolemizzante, azione dovuta molto probabilmente
al comparto flavonico. Uno studio pubblicato
ha segnalato come estratti di foglie di Tarassaco siano
in grado di sopprimere significativamente l’accumulo di
lipidi nel fegato e di ridurre l’insulino-resistenza nella
cavia che presenta steatosi epatica a causa di una dieta
ad alto contenuto di grassi.

bardana

Ricordando che la pelle rappresenta uno degli organi
emuntori del nostro organismo appare evidente che, per
favorirne il processo di normalizzazione, è essenziale
agire in primis sul metabolismo in generale e sugli
eventuali disordini epatici e intestinali, che finiscono
inevitabilmente per riflettersi – con estrema facilità – a
livello cutaneo. Proprio in quest’ottica, quando si pensa
a una terapia naturale per l’acne, sicuramente la bardana rappresenta, per la sua azione elettiva
sulla cute, un rimedio di prima scelta: utilizzata per la
cura di numerose dermatopatie, questa pianta è nota
da secoli per la sua azione depurativa e disintossicante,
capace di stimolare la secrezione epatobiliare e la diuresi.
Oltre a stimolare l’eliminazione delle tossine, grazie ai
suoi polisaccaridi (inulina) favorisce la funzionalità del
sistema immunitario ed esercita una leggera attività
antinfiammatoria.
Importante è anche il ruolo svolto da altri principi
attivi presenti nel fitocomplesso, gli acidi caffeilchinici
(acido caffeico e clorogenico): oltre a proteggere il
collagene cutaneo da diversi tipi di alterazioni, causate
soprattutto da raggi solari e UVA, queste sostanze
hanno evidenziato la capacità di inibire la ialuronidasi,
un enzima responsabile di molti dei danni ai tessuti osservabili in caso di acne e dermatite seborroica. Grazie
infine alla stimolazione delle ghiandole sudorifere viene
favorita l’eliminazione dei residui della degenerazione
cutanea che determinano la formazione dei punti neri e
dei comedoni. Le radici di questa pianta contengono,
inoltre, notevoli quantità di inulina (25-45% circa) e
mucillagini, alle quali sono legate l’azione emolliente
e lenitiva, un olio essenziale e un principio amaro a
struttura germacranolide (arctiopicrina) dalle proprietà
antibatteriche e antifungine.

berberis

La berberina è un alcaloide
isochinolonico.
L’impiego terapeutico della
berberina proviene dalla medicina
cinese, come rimedio
per la diarrea e la dissenteria.
L’effetto antidiarroico della
berberina dipende essenzialmente
dall’inibizione della
secrezione intestinale, dalla
modulazione della motilità intestinale e dall’effetto
riparativo sulla
barriera intestinale,
oltre che da un’azione
antimicrobica.
Successivamente si è
scoperto che la berberina
aveva anche un effetto ipolipemizzante
ed ipoglicemizzante
come confermato nel 2004 da
uno studio scientifico pubblicato
su Nature.
Tuttavia, l’azione ipolipemizzante
della berberina
(anti-colesterolo e anti-trigliceridi)
è prodotta con un
meccanismo totalmente diverso
da quello delle statine
(che inibiscono l’enzima HMGCoA-
reduttasi). La berberina
aumenta l’espressione epatica
del recettore delle LDL in
modo simile ai nuovi farmaci
PCSK9-inibitori.
L’azione ipoglicemizzante invece
ricalca in qualche misura
l’azione della metformina,
inibendo la gluconeogenesi
epatica. Grazie ad essa, quindi,
il fegato non riesce con facilità
a liberare glucosio nel sangue,
ottenendo come risultato una
glicemia più stabile e controllata.
Purtroppo la berberina
ha un grosso limite: ha
una scarsa biodisponibilità
orale (ovvero uno scarso assorbimento).
Esistono, infatti, dei meccanismi
di estrusione cellulari
(Multi Drug Resistance, MDR)
che nel caso in questione sono
in grado di espellere grandi
quantità di berberina dalle cellule
intestinali.
Si stima che circa fino al 90%
della berberina somministrata
per via orale viene poi riespulsa
dal sistema MDR.

liquirizia

Azione antiflogistica e di protezione della parete gastrica. La radice di liquirizia, oltre a
esercitare un’azione sfiammante, è in grado di stimolare la produzione di muco da parte delle cellule del tessuto gastrico proteggendo in tal modo la mucosa gastrica. Sarebbe presente
inoltre un’importante azione antiossidante (protezione cellulare) e antibatterica nei
confronti di Helicobacter pylori.

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Costruiamo qualcosa insieme.


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