Connubio tra scienza e natura Ispirati dalla Natura, potenziati dalla ricerca
L’uomo viene considerato nella sua totalità, le malattie di cui è vittima si sviluppano su un corpo reso fragile dal rallentamento degli organi di eliminazione (gli emuntori), dall’accumulo di materie tossiche o di rifiuto e di metaboliti mal degradati. Il drenaggio è una tecnica che permette l’espulsione delle tossine (comprese quelle prodotte dal metabolismo) e delle sostanze introdotte con i farmaci e con l’alimentazione (metalli pesanti, additivi e conservanti alimentari, veleni chimici, pesticidi agricoli) attraverso gli emuntori naturali (fegato, reni, intestino e pelle) che venendo stimolati debolmente aumentano la diuresi, la coleresi, il transito intestinale e la secrezione delle ghiandole sudoripare. Far defluire i liquidi ha lo scopo di permettere all’organismo di ritornare allo stato di salute e di porlo nelle condizioni migliori per recuperare un equilibrio alterato. Questo procedimento avviene attraverso la diminuzione del carico nocivo endogeno spronando le funzioni fisiologiche globali di depurazione e determina un’azione disintossicante profonda a livello di terreno (l’insieme dei fattori costituzionali e acquisiti che preesistono alla comparsa della patologia e che possono favorirne l’insorgenza e la prognosi). La pratica viene effettuata almeno 2-3 volte l’anno per cicli di 21 giorni, in fase pre, intra e post terapeutica: rispettivamente prima, durante e dopo la cura. Il primo non dovrà superare le due settimane, viene attuato in preparazione al trattamento (farmacologico, chirurgico, riabilitativo) e serve a stimolare delicatamente l’organo (o apparato) che andremo a guarire o il filtro epato-renale. Il secondo ha necessità di ordine clinico e potrà servire non solo a limitare i possibili effetti collaterali, ma a potenziare la risposta dell’organismo alla terapia. Il terzo verrà eseguito per due-tre settimane al massimo. Il drenaggio viene svolto per i calcoli alla colecisti non impattati (sotto controllo dello specialista), colecistite moderata (infezione alla cistifellea), iperbilirubinemia coniugata da colelitiasi (ittero dovuto a una minore escrezione della bilirubina unita tramite i dotti biliari). Dato che un ridotto flusso biliare causa un insufficiente assorbimento di grassi e vitamine A, B, D, ed E, una scarsa escrezione di metaboliti dannosi e un eccesso di sali biliari depositato sotto pelle, far defluire i liquidi può essere utile in • Acne rosacea e malattie croniche della pelle • Stipsi (non spastica e non rispondente a misure convenzionali) • Emicrania • Malattie infiammatorie dell’intestino • Condizioni di disbiosi intestinale • Disordini autoimmuni, specialmente se associati a disturbi sopra menzionati • Problemi ‘biliosi’, ovvero pesantezza all’epigastrio, nausea, sensibilità a grassi e alcol • Condizioni ‘tossiche’, con congestione intestinale, specialmente in associazione a malattie cutanee e autoimmuni • Coadiuvanti in caso di epatiti virali e di altro tipo, e sequele • Effetti avversi da consumo di alcol ed eccesso di grassi • Esposizione a inquinanti industriali in anticipazione o in parallelo alla prescrizione di farmaci molto potenti • Indicazioni tradizionali quali molti disordini dermatologici, enterici e intestinali, reumatici, catarrali e disturbi infiammatori cronici Nel soggetto artrosico l’attivazione del metabolismo generale si ripercuoterà anche sul ricambio del tessuto connettivo determinando un beneficio a livello della funzionalità articolare (miglioramento del trofismo locale) e una minore tendenza a nuovi attacchi. La cura naturale per fortificare la colecisti passa attraverso la dieta e l’alimentazione che dovranno essere sobrie e non andare a sovraccaricarne il lavoro. Meglio consumare cibi ricchi di fibre: verdura (foglie di tarassaco, barbabietole, carciofi, cardo, tarassaco, camomilla, menta, rafano, boldo, rosmarino, salvia), frutta, cereali integrali, crusca d’avena, alimenti ricchi di manganese-cobalto (aglio, tè verde, tè nero, Brassicaceae, peperoncino.) |
apparato emuntorio apparato gastroenterico |
Drenaggio indifferenziato o di terreno, Drenaggio pre-terapeutico, Drenaggio intra-terapeutico, Drenaggio post-terapeutico, drenaggio dei fluidi, accumuli di muco a livello gastro-intestinale, diarrea, scarsa reattività immunitaria, disintossicazione dell’organismo, ritenzione idrica, cellulite edematosa, disintossicazione da tossine esogene ed endogene, Calcoli alla colecisti, Colecistite moderata (infezione alla cistifellea), Iperbilirubinemia coniugata da colelitiasi, epatiti virali, tumore epatico, disfunzioni epatiche, Epatite acuta e cronica, Avvelenamento acuto e cronico da epatotossine, Cirrosi, patologie epatiche, Calcoli alla colecisti, Colecistite moderata, infezione alla cistifellea, Iperbilirubinemia, Detossicazione epatica, Steatosi epatica non alcolica (NAFLD), Fegato appesantito |
cardo mariano
Silimarina, la protettrice del fegato La capacità di protezione delle cellule epatiche, però, si suppone sia conseguente anche ad altri princìpi attivi presenti nel fitocomplesso quali la silandrina e la silimonina. I meccanismi d’azione attribuiti all’azione epatoprotettrice e rigenerante epatocitica seguono differenti processi biochimici e cellulari: aumento della resistenza dell’epatocita e stabilizzazione della membrana cellulare e lisosomiale, azione radical scavenger antiossidante, inibizione della sintesi dei leucotrieni (LTB4) ed effetto antinfiammatorio e antifibrotico, accelerazione della rigenerazione epatica e stimolo della biosintesi proteica con stimolo dell’RNA polimerasi (Firenzuoli, 2009). Tali effetti sono stati dimostrati in numerosi studi preclinici di laboratorio, al punto da far definire l’estratto del cardo mariano come un prezioso sostegno del fegato nelle situazioni di intossicazioni (alcool, farmaci, tossine). Un esempio è l’antagonismo dimostrato verso l’alfa amanitina e la phalloidina dell’Amanita phalloides, fungo dalla tossicità letale. Altra via d’azione nel prevenire l’intossicazione è l’inibizione dell’uptake epatico di differenti sostanze tossiche, tra cui la stessa amantinina e altre come il tetracloruro di carbonio, rifampicina e acido fusico (Firenzuoli, 2018). Gli studi clinici, invece, non hanno la medesima ricchezza e affidabilità. Una revisione della letteratura del 2007 della Cochrane Collaboration riporta a proposito che tre quarti degli studi clinici sull’utilizzo della silimarina sono di bassa qualità e quindi poco significativi. Il restante quarto degli studi strutturati in maniera adeguata, invece, non dimostra miglioramenti con l’utilizzo del principio attivo del cardo (Rambaldi, 2007). Una ricercatrice dell’Università di Jodhpur osserva che probabilmente il cardo mariano non cura direttamente il danno epatico, ma migliora la capacità del fegato di reagire alla cirrosi (Kaur, 2011). I risultati preclinici su cavia sono stati comunque così rilevanti che, anche in mancanza di definitive conclusioni da trial clinici, l’estratto standardizzato di silimarina da cardo mariano è approvato dalla Commissione E tedesca e dall’OMS per il trattamento delle intossicazioni epatiche e come coadiuvante nelle epatiti e nelle cirrosi epatiche. La sua registrazione come medicinale fitoterapico riporta tra le indicazioni in maniera esplicita il trattamento delle intossicazioni da chemioterapici, oltre che da alcool, da psicofarmaci e da paracetamolo (Campanini, 2012; Monografie OMS 2° vol., 2002; Firenzuoli, 2018). Una recente review iraniana pubblicata nel 2020 sul Journal of Drug and Chemical Toxicology aggiorna i risultati sull’effetto di protezione del cardo nei confronti delle varie sostanze tossiche. Gli autori riportano che l’effetto epatoprotettore si manifesta con un grado differente verso tossine biologiche (micotossine, veleni di serpenti e tossine batteriche) e chimiche (metalli, pesticidi e agenti tossici epatici, neurologici e cardiaci). I meccanismi alla base di tale effetto anti- tossico riassunti dall’equipe di Sahar Fanoudi sono: radical scavenging, antiossidante, chelante, antiapoptosi e regolatore della risposta infiammatoria (Fanoudi, 2020). i cui principi attivi manifestano un’attività epatoprotettrice e un’azione rigeneratrice a livello della cellula epatica (epatocita) grazie all’azione specifica della silimarina che inibisce la formazione di molecole infiammatorie; Con il suo utilizzo si ottiene una coleresi dolce e una stimolazione delle difese dell’organismo in grado di favorire sensibilmente il processo di rigenerazione del parenchima epatico. Le proprietà amaro-tonico-coleretiche del fitocomplesso possono contribuire inoltre a migliorare i processi digestivi (proprietà antidispeptiche) e disintossicanti in senso lato. I suoi acheni contengono numerosi flavonolignani, silibinina e altri, dotati di molteplici attività sulla fisiologia degli epatociti. Inizialmente indagati per la loro azione antiossidante, in particolare nei confronti dell’ossidazione lipidica, si sono poi scoperti anche altri meccanismi protettivi legati alla stabilizzazione delle membrane cellulari, all’inibizione dell’attivazione di geni pro-infiammatori e della liberazione di citochine e di altri mediatori implicati nell’evoluzione dell’infiammazione dei tessuti epatici. Tale potere di protezione del tessuto epatico è sfruttato anche in oncologia per la prevenzione del danno epatico da chemioterapici. È una pianta sicura da utilizzare anche in campo oncologico in quanto non presenta interazioni con i chemioterapici e ne potrebbe potenziare l’efficacia. Sono state, inoltre, ipotizzate azioni chemiopreventive nei confronti dei tumori di colon-retto, prostata e pelle (Firenzuoli, 2018; Katiyar, 2005; Kaur, 2011). Altre possibili azioni di Silybum marianum sono lo stimolo della produzione di interleuchine da parte dei linfociti (Bruneton, 2009) e la diminuzione della glicemia tramite riduzione della resistenza insulinica (Huseini, 2006). Il cardo mariano è una pianta sicura senza effetti avversi importanti che sembra compatibile anche in gravidanza e allattamento (Campanini, 2012; Mills, 2013). Precauzione è dovuta in pazienti con calcolosi biliare onde evitare l’ostruzione biliare e nelle pazienti con storia di tumori estrogeno sensibili, soprattutto per le terapie di lunga durata (Firenzuoli, 2018). |
menta
Il primo gradino del podio per efficacia comprovata nella fitoterapia del colon irritabile lo merita la Mentha x piperita che le monografie ESCOP (European Scientific Cooperative on Phytotherapy). Gli effetti benefici sono legati all’effetto dei mono- e sesquiterpeni e all’azione sul recettore TRPM8 situato sulla membrana cellulare dei neuroni sensitivi distali in grado di indurre un effetto spasmolitico sulla muscolatura liscia dell’intestino. I trials clinici ne hanno valutato l’efficacia nei differenti sottotipi di IBS per un periodo da 4 a 8 settimane ottenendo un miglioramento della gravità della patologia, dei sintomi addominali associati e della qualità della vita rispetto al placebo. Gli effetti non permanevano una volta sospesa la terapia. Importante la cautela nelle prescrizioni in soggetti gastrosensibili, nei bambini di età inferiore ai 6 anni e durante la gravidanza e l’allattamento. Ai dosaggi terapeutici e veicolati da capsule gastroresistenti gli effetti collaterali non sono dimostrati efficacemente, la controindicazione quindi è spesso solo precauzionale. A sostegno di ciò la menta risulta raccomandato anche dall’American Academy of Pediatricians. |
carciofo
Le foglie caulinari manifestano proprieta epatotrope, colagoghe, coleretiche e ipocolesterolemizzanti. L’European Scientific Cooperative on Phytotherapy (ESCOP) ritiene che il carciofo possa essere un valido adiuvante in un regime povero in grassi per ridurre l’ipercolesterolemia lieve o moderata. Agisce, infatti, sul metabolismo lipidico diminuendo la produzione di colesterolo e di trigliceridi endogeni e aumentandone l’escrezione o la ridistribuzione nei depositi naturali. Questi effetti sarebbero da attribuire alla cinarina e all’acido caffeico; la luteolina presente nel fitocomplesso della pianta contribuirebbe, inoltre, a inibire la sintesi del colesterolo, in particolare del colesterolo LDL. Il Carciofo, come regolatore del flusso biliare, si rende prezioso nelle turbe epato-biliari ove può alleviare la sintomatologia: cattiva digestione, cefalea, stipsi, astenia, difficoltà di concentrazione ecc. Manifesta inoltre un’importante e documentata attività antiepatotossica. Il Carciofo è un rimedio da sempre utilizzato nella medicina tradizionale mediterranea come regolatore dell’attività gastrointestinale, digestivo, eupeptico e drenante epato-renale di grande importanza. Il suo utilizzo nella terapia del colon irritabile trova fondamento nelle sue proprietà di regolazione della motilità gastrointestinale mediate dalle proprietà del fitocomplesso in toto più che dalle sole molecole attive (quale la cinarina) come si legge nel Dizionario di Fitoterapia e Piante Medicinali della Campanini. Le ricerche a disposizione nei pazienti affetti da IBS, nonostante provengano da studi di sorveglianza post-marketing del rimedio, danno risultati interessanti evidenziando normalizzazione della motilità gastrointestinale, riduzione del gonfiore addominale diminuzione del dolore crampi forme. Come per il mentolo l’effetto non si mantiene dopo la sospensione del rimedio a base di estratto di carciofo. Altri effetti interessanti del carciofo validati scientificamente e da tenere in considerazione nella prescrizione sono quello coleretico e ipocolesterolemizzante. Controindicazioni nei soggetti con colelitiasi sono ancora dubbie e variano a seconda dell’autore di riferimento. Firenzuoli nel suo Fitoterapia, Guida all’uso clinico delle piante medicinali, sostiene che “Non sono mai state descritte coliche biliari da uso di carciofo”. Secondo la Commissione E tedesca la cautela è necessaria e l’assunzione in soggetti con colelitiasi deve essere fatta sotto controllo medico. Recenti studi hanno segnalato come un estratto di foglie di carciofo si sia dimostrato efficace nell’aumentare le lipoproeteine ad alta densita (HDL, il colesterolo buono) mentre ha diminuito il colesterolo totale e le lipoproteine a bassa densita (LDL, colesterolo cattivo) in soggetti con lieve ipercolesterolemia. Viene evidenziato, inoltre, come nei soggetti in sovrappeso le foglie di carciofo contribuiscano a ridurre la glicemia basale e a migliorare i valori dei lipidi ematici. |
pilosella
proprietà diuretiche, ma anche antinfiammatorie e antibiotiche. Uno dei suoi componenti più conosciuti è l’umbelliferone, un composto cumarinico dotato di potenzialità antibiotiche. Le proprietà diuretiche e drenanti della pilosella, attribuibili principalmente ai flavonoidi (luteoloside), sono note. Meno nota, ma altrettanto preziosa, la sua utilità in presenza di calcoli. Il luteoloside agisce a livello renale, inibendo il riassorbimento di ioni sodio e calcio, e aumentando così le quantità di urina prodotte. Si è vista un’azione preventiva anche sulla gotta. Grazie al luteoloside la pilosella è in grado di rimuovere l’accumulo di liquidi che generano edemi e gonfiori in tutto il corpo. Promuovendo la diuresi, la pilosella è utile anche in presenza di infezioni urinarie, quali cistiti e uretriti, perché facilita l’eliminazione dei patogeni con le urine. Alla pilosella è riconosciuta anche la capacità di promuovere l’escrezione e il deflusso della bile (possiede un’azione coleretica – stimolo alla produzione – e colagoga – stimolo alla secrezione), che contribuisce alla detossificazione epatica. Vediamo dunque come una sola pianta riesca contemporaneamente ad agire su più patologie (ritenzione idrica, fegato, SIBO), tutte però presenti nel tipo “arancia”. L’azione integrata della pianta intera agisce su più fattori e non sarà mai sostituibile da un solo principio attivo. |
parietaria
La pianta viene utilizzata fin dall’antichità nel trattamento della calcolosi renale e della renella. La parietaria si caratterizza per le proprietà diuretiche, antiflogistiche e lenitive. Con il suo impiego verrebbe favorita l’eliminazione dei cloruri, dell’urea e, in generale, dei cataboliti: come tale rientra anche nella composizione di preparati depurativi contro la renella e i disturbi infiammatori e dolorosi delle vie urinarie, emerge la cosiddetta ‘spaccapietra’. consigliata come diuretico in caso di calcolosi renale. Come dimostra un recente lavoro pubblicato sulla rivista scientifica Plos One da un gruppo di ricercatori dell’Università di Urbino, I risultati confermano che la Cedracca è in grado di ridurre in vitro la cristallizzazione dell’ossalato di calcio e la morfologia dei cristalli. L’azione inibitoria è stata osservata soprattutto rispetto alla crescita e all’aggregazione dell’ossalato di calcio monoidrato, sostituito dall’aumento della formazione di ossalato di calcio diidrato: meno pericoloso in quanto meno affine con le cellule tubulari renali. Il decotto di questa erba potrebbe rappresentare una interessante terapia naturale per il trattamento dell’urolitiasi. |
cumino nero
Una metanalisi sul recupero dalle lesioni epatiche ha rilevato che il TC (timo chinone da cumino nero) ha forti effetti antiossidanti, antinfiammatori, antifibrotici, anti/proapoptotici e anticarcinogeni, e non causa quasi nessun effetto collaterale in un ampio intervallo di dosi, suggerendo un’ampia finestra terapeutica (Tekbas et al. 2018). Un possibile meccanismo epatoprotettivo passerebbe dall’effetto che il TC ha su un fattore di trascrizione nucleare molto importante come NF-κβ, un complesso proteico funzionante come fattore di trascrizione (Noorbakhsh et al. 2018). In uno studio clinico randomizzato in doppio cieco su 120 (60+60) soggetti con steatosi epatica, la somministrazione di olio di SNS per tre mesi ha ridotto significativamente il grado di steatosi epatica rispetto al placebo, mentre le modificazioni, sempre in positivo, di altri parametri (livelli ematici di trigliceridi, LDL-C, HDL-C, ALT, AST) non hanno raggiunto la significatività statistica. Nessun effetto collaterale di nota (Khonche et al. 2019). In uno studio case-control su 70 soggetti con steatosi epatica, la somministrazione di olio di SNS due volte al giorno per tre mesi ha migliorato in maniera statisticamente significativa gli indici di peso corporeo, BMI, gli enzimi epatici e l’ecografia del fegato grasso (il 57,14% dei pazienti ha avuto una normale classificazione del fegato) (Hussain et al. 2017). Sebbene gli studi sperimentali e i pochi studi clinici abbiano indicato gli effetti benefici del TC contro le malattie del fegato, sono necessari più studi clinici e di maggior qualità per confermarne la sicurezza e l’efficacia. Possiamo concludere che l’olio di SNS e il TC sembrano sicuri e in grado di migliorare i parametri biochimici ed epatici (trigliceridi, LDL-C e HDL-C), e le lesioni nei pazienti con steatosi epatica. Si raccomanda il loro utilizzo nelle prime fasi della patologia al fine di prevenire complicanze. |
curcuma
Azione coleretica e colagoga e quindi favorevole per contenere i livelli ematici del colesterolo totale. Segnalate anche proprietà antiossidanti che contribuirebbero a un effetto protettivo nei confronti delle malattie associate allo stress ossidativo come le malattie degenerative, cardiovascolari e la malattia di Alzheimer. La curcumina (principio attivo), in un piccolo studio controllato condotto su individui adulti (40-60 anni), ha dimostrato, fra gli altri, effetti benefici sui livelli di trigliceridi (“un abbassamento statisticamente significativo”). “La curcuma e curcuminoidi hanno effetti epatoprotettivi nei confronti del danno epatico indotto da varie tossine. La curcuma ha anche attività ipoglicemizzante nell’animale da esperimento.” |
fumaria
Pianta ad azione anfocoleretica, in grado cioè di aumentare il flusso biliare insufficiente o di frenarlo quando è eccessivo. Grazie a tali proprietà regolatrici del flusso biliare può risultare efficace, per esempio, nei confronti delle emicranie cosiddette “epatiche”, spesso sostenute da cattive abitudini alimentari e da discinesia delle vie biliari. |
tarassaco
La pianta favorisce la funzionalità epatica e biliare (azione colagoga e coleretica): clinicamente trova indicazione nelle alterazioni del flusso biliare, nel trattamento della disappetenza e nei disturbi dispeptici quali senso di pienezza, disturbi digestivi e flatulenza (azione amaro-tonica) e nel favorire la diuresi. Esercita anche attività ipocolesterolemizzante, azione dovuta molto probabilmente al comparto flavonico. Uno studio pubblicato ha segnalato come estratti di foglie di Tarassaco siano in grado di sopprimere significativamente l’accumulo di lipidi nel fegato e di ridurre l’insulino-resistenza nella cavia che presenta steatosi epatica a causa di una dieta ad alto contenuto di grassi. |
bardana
Ricordando che la pelle rappresenta uno degli organi emuntori del nostro organismo appare evidente che, per favorirne il processo di normalizzazione, è essenziale agire in primis sul metabolismo in generale e sugli eventuali disordini epatici e intestinali, che finiscono inevitabilmente per riflettersi – con estrema facilità – a livello cutaneo. Proprio in quest’ottica, quando si pensa a una terapia naturale per l’acne, sicuramente la bardana rappresenta, per la sua azione elettiva sulla cute, un rimedio di prima scelta: utilizzata per la cura di numerose dermatopatie, questa pianta è nota da secoli per la sua azione depurativa e disintossicante, capace di stimolare la secrezione epatobiliare e la diuresi. Oltre a stimolare l’eliminazione delle tossine, grazie ai suoi polisaccaridi (inulina) favorisce la funzionalità del sistema immunitario ed esercita una leggera attività antinfiammatoria. Importante è anche il ruolo svolto da altri principi attivi presenti nel fitocomplesso, gli acidi caffeilchinici (acido caffeico e clorogenico): oltre a proteggere il collagene cutaneo da diversi tipi di alterazioni, causate soprattutto da raggi solari e UVA, queste sostanze hanno evidenziato la capacità di inibire la ialuronidasi, un enzima responsabile di molti dei danni ai tessuti osservabili in caso di acne e dermatite seborroica. Grazie infine alla stimolazione delle ghiandole sudorifere viene favorita l’eliminazione dei residui della degenerazione cutanea che determinano la formazione dei punti neri e dei comedoni. Le radici di questa pianta contengono, inoltre, notevoli quantità di inulina (25-45% circa) e mucillagini, alle quali sono legate l’azione emolliente e lenitiva, un olio essenziale e un principio amaro a struttura germacranolide (arctiopicrina) dalle proprietà antibatteriche e antifungine. |
berberis
La berberina è un alcaloide isochinolonico. L’impiego terapeutico della berberina proviene dalla medicina cinese, come rimedio per la diarrea e la dissenteria. L’effetto antidiarroico della berberina dipende essenzialmente dall’inibizione della secrezione intestinale, dalla modulazione della motilità intestinale e dall’effetto riparativo sulla barriera intestinale, oltre che da un’azione antimicrobica. Successivamente si è scoperto che la berberina aveva anche un effetto ipolipemizzante ed ipoglicemizzante come confermato nel 2004 da uno studio scientifico pubblicato su Nature. Tuttavia, l’azione ipolipemizzante della berberina (anti-colesterolo e anti-trigliceridi) è prodotta con un meccanismo totalmente diverso da quello delle statine (che inibiscono l’enzima HMGCoA- reduttasi). La berberina aumenta l’espressione epatica del recettore delle LDL in modo simile ai nuovi farmaci PCSK9-inibitori. L’azione ipoglicemizzante invece ricalca in qualche misura l’azione della metformina, inibendo la gluconeogenesi epatica. Grazie ad essa, quindi, il fegato non riesce con facilità a liberare glucosio nel sangue, ottenendo come risultato una glicemia più stabile e controllata. Purtroppo la berberina ha un grosso limite: ha una scarsa biodisponibilità orale (ovvero uno scarso assorbimento). Esistono, infatti, dei meccanismi di estrusione cellulari (Multi Drug Resistance, MDR) che nel caso in questione sono in grado di espellere grandi quantità di berberina dalle cellule intestinali. Si stima che circa fino al 90% della berberina somministrata per via orale viene poi riespulsa dal sistema MDR. |
liquirizia
Azione antiflogistica e di protezione della parete gastrica. La radice di liquirizia, oltre a esercitare un’azione sfiammante, è in grado di stimolare la produzione di muco da parte delle cellule del tessuto gastrico proteggendo in tal modo la mucosa gastrica. Sarebbe presente inoltre un’importante azione antiossidante (protezione cellulare) e antibatterica nei confronti di Helicobacter pylori. |
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